testo di Marco Cruscanti e Flavio Gagliardi

La classificazione e la nomenclatura degli esseri viventi è sempre stata soggetta ad un ampio numero di revisioni che inevitabilmente hanno comportato e comportano ancora oggi una certa confusione. Questa coinvolge anche la classificazione dei Pesci e quindi il mondo dell'acqua-riofilia, dove alle revisioni adottate dagli studiosi per fini scientifici si aggiungono le miriadi di pseudonimi introdotti da allevatori, importatori e negozianti. La famiglia dei Ciclidi, considerate le sue caratteristiche biologico-evolutive, l'alto numero di specie e le scarse informazioni sinora acquisite, non si sottrae certo a tali problematiche.

Perché il nome con cui fino a ieri denominavamo un particolare pesce oggi non è più accettato? Quali sono i criteri secondo i quali si stabilisce il cambiamento del nome ad una specie? Due diverse branche della biologia, fra loro intimamente connesse, si occupano di queste tematiche: la tassonomia e la sistematica. Fino a poco tempo fa questi due termini erano semplicemente impiegati come sinonimi l'uno dell'altro, ma oggigiorno essi possono essere ben distinti: mentre la tassonomia si prefigge di chiarire in modo rigoroso, grazie a molteplici metodiche, le differenze esistenti fra gli animali, la sistematica si occupa di elaborare i dati raccolti dalla tassonomia, in modo da contribuire a chiarire le relazioni filogenetiche tra le varie specie.

Tuttavia stabilire i rapporti di parentela tra gli animali non è impresa facile, anche perch é il concetto stesso di specie è lungi dall'essere univocamente definito. Quest'ultimo, sin dagli albori della biologia, ha rappresentato un problema di ardua soluzione che ha coinvolto moltissimi studiosi. Attualmente la definizione di specie più in uso è quella di biospecie: una o più popolazioni naturali di individui fra loro interfecondi ed in grado di assicurare prole fertile indefinitamente nel tempo. Ma è opportuno rilevare che esistono casi in cui questa definizione è di difficile applicazione: animali che si riproducono asessualmente come, ad esempio, la partenogenesi nelle comuni dafnie d'acqua dolce (Cladoceri), ibridi interfecondi con prole totalmente o parzialmente vitale, ibridi in cattività ma non in natura. A questo primo concetto di specie se ne affiancano altri come specie morfologica, specie pratica, specie tipologica, specie evoluzionistica (Mazeroll e Weiss, 1995), eto-specie. Tutte comunque ricercano dei criteri estremamente ben definiti e proprio questo è forse il limite più grande, in quanto la specie è un elemento biologico in lento ma continuo divenire, difficilmente inquadrabile in schemi fissi ed assoluti. E' sufficiente infatti dilatare il periodo della nostra osservazione per comprendere come i caratteri con i quali noi oggi definiamo una specie potrebbero rivelarsi insufficienti o approssimativi. Un esempio: se si introducessero dei pesci in un bacino lacustre e dopo cinquanta anni se ne analizzasse la discendenza, di certo troveremmo individui molto simili a quelli originari; se si esaminasse invece dopo alcuni milioni di anni, forse si rinverrebbero pesci diversi da quelli originari. Secondo il concetto di biospecie, se si ottenessero due popolazioni non interfertili, si dovrebbe concludere di essere di fronte a due diverse specie, pur avendone inizialmente introdotto una sola! Inoltre, qualora dall'incrocio di queste due ipotetiche specie si ottenesse una prole vitale con pochi individui fertili, cosa si potrebbe affermare? Saremmo in presenza di due specie o di una sola?

Il compito dei tassonomo-sistematici è dunque decisamente complicato, anche perch é va considerato come in questo campo le innumerevoli innovazioni tecniche succedutesi hanno spesso messo in discussione i risultati classificativi precedenti.

Le prime metodiche tassonomiche si basavano su una analisi di tipo morfologico, ovvero consideravano la forma, i colori e tutte le caratteristiche esterne facilmente individuabili; fra queste vengono definiti caratteri meristici quelle soggette a conta come il numero dei raggi delle pinne, il numero delle scaglie lungo la linea laterale, il numero di rastrelli branchiali. Nel tempo tali analisi sono state estese a tutta l'ontogenesi (lo sviluppo dall'uovo fecondato all'adulto) delle specie in esame ed affiancate da altre quali l'analisi morfologica delle strutture interne (vertebre, ossa della coda, ossa del cranio etc.). Ciò ha permesso di raccogliere una grande mole di dati e quindi, in alcuni casi, di migliorare le possibilità di discriminare le diverse specie.

Nei lavori di tassonomia all'analisi morfologica è spesso associata quella morfo-metrica, ovvero quella che si avvale di misurazioni di porzioni del corpo quali la lunghezza della testa, dell'opercolo, del preopercolo, del peduncolo caudale e molte altre. Un esempio dell'utilizzo della combinazione di tali metodologie ci è offerto dallo studio condotto su alcune specie del genere Aulonocara (A. steve-ni, A. ethelwynnae, A. hansbaenschi, A. hueseri, A. korneliae, A. saulosi). Gli Autori, esaminando queste sei specie, hanno concluso che gli elementi precedentemente considerati (cavità infraorbi-tali, file di scaglie sulla serie opercolare e colorazione), al fine di distinguere il genere Aulonocara dal genere Trematocranus, fossero troppo variabili per giustificare tale distinzione, suggerendo una revisione per cui T. breviro-stre, T. jacobfreibergi, T. microstoma e Cyrtocara macrocleithrum debbano essere ascritti al solo genere Aulonocara (Meyer et al., 1987). Nel genere Haplochromis P. H. Greenwood ha analizzato moltissime specie, sempre mediante tecniche morfologiche e morfo-metriche, scegliendo caratteri che potessero essere il più possibile rilevanti al fine di far luce sulla loro filogenesi: squamazione della zona toraco-addomi-nale, dentizione della mandibola e della mascella, dentizione dell'osso faringeo e sua struttura, morfologia del neurocranio, ocelli sulla pinna anale, numero delle vertebre, scheletro caudale, numero di raggi della pinna anale e dorsale, numero di rastrelli branchiali, lunghezza totale, lunghezza standard, lunghezza della testa, profondità preorbitale (Greenwood, 1979). Per ottenere dati meglio confrontabili, spesso i caratteri morfometrici sono espressi sotto forma di rapporti (lunghezza della testa/lunghezza totale etc.). Un esempio ci è fornito dal recente lavoro che ha descritto tre nuove specie del genere Aulonocara (A. gertrudae, A. brevinidus ed A. aquilo-nium), nel quale la maggioranza delle misure sono riportate sotto questa forma (Konings, 1995).

Negli ultimi anni, grazie all'avvento della microscopia a scansione, è stata esplorata una nuova fonte di possibili informazioni, sempre di tipo morfologico: si tratta dell'analisi delle scaglie e del loro modello di formazione. Questo carattere è meno soggetto di altri, come ad esempio l'apparato trofico, a pressione selettiva e perciò può fornire utili indicazioni di tipo sistematico. Inoltre la superficie delle scaglie non varia in individui di diversa provenienza e in pesci allevati in cattività (Lippitsch, 1990). Proprio questa ultima scoperta è di estremo interesse per noi ciclidofili, non solo perch é si potrebbe agevolmente risalire ad una più corretta identificazione dei nostri beniamini, ma anche perch é rappresenterebbe un primo modo per aprire le porte della collaborazione fra studiosi ed acquariofili (in Italia purtroppo ciò ancora non avviene, mentre all'estero è già una realtà da tempo), considerato che l'allevamento in acquario sembra non modifichi questi caratteri tassonomici. Grazie alla biologia molecolare altre interessanti informazioni tassonomiche si sono rese disponibili, si tratta di nuovi metodi come le tecniche elettroforetiche condotte su enzimi e quelle di sequen-ziamento del DNA. L'elettroforesi è un potente mezzo usato per separare in un campo elettrico molecole dotate di cariche nette. Si possono separare, in base alle differenti velocità di migrazione, sia proteine che frammenti di DNA o RNA. Le differenze nelle velocità di migrazione indicano disuguaglianze nella struttura delle molecole, ad esempio nella sequenza degli aminoacidi per le proteine o nella sequenza di basi sia per il DNA che per l'RNA. Poich é le proteine sono il prodotto dell'espressione genica, analizzandole elettroforeticamente, si può risalire alle differenze genetiche esistenti tra specie differenti, permettendo così di delineare delle relazioni tassono-miche. Tuttavia, se le popolazioni in esame si sono sviluppate come frutto dell'introduzione di pochi esemplari, si può avere un aumento dell'omozigosi, il che potrebbe portare a delle conclusioni errate. Va sottolineato inoltre che occorre analizzare un buon numero di proteine per ottenere delle stime accurate (Van der Bank et al., 1989). Anche le tecniche di sequenziamento del DNA possono offrire risultati di questo genere, come mostra un autorevole studio svolto sui Ciclidi del lago Vittoria, per i quali, considerata la bassa frequenza con cui variavano le coppie di basi sul tratto di DNA esaminato, gli Autori hanno proposto una origine monofiletica (Meyer et al, 1990). Quest'ultima ipotesi risulta opposta a quella che da tempo i dati morfologici offrivano. Sempre sequenziando porzioni di DNA, si è osservata nel lago Tanganyika una grande variabilità tra specie morfologicamente molto simili (genere Tropheus) (Sturmbauer e Meyer, 1992). In questo caso le tecniche di biologia molecolare si sono rivelate importanti principalmente per chiarire le modalità con cui è avvenuta la speciazione tra i Tropheus, dato questo di sicuro rilievo per affrontare uno studio tassonomico. Queste recenti metodiche basate sulla genetica, hanno contribuito a far rivedere e correggere vecchi schemi classificativi, comportando per alcune specie una differente posizione sistematica e quindi una variazioni del nome. Va menzionato come, al fine di risolvere problemi così complessi come quelli tassonomici, l'approccio più indicato sia probabilmente quello di tipo multidisciplinare che vede l'impiego delle metodologie più innovative al fianco di quelle più tradizionali, come quelle morfologiche. La tassonomia e la sistematica, proprio per le molteplici soluzioni che offrono nel affrontare il problema del nome da attribuire a ciascuna specie, potrebbero apparire come branche della biologia meno "affidabili" o meno rilevanti. Esse invece rivestono da sempre un ruolo fondamentale nell'identificazione degli animali e conseguentemente nel mantenimento della diversità biologica. Infatti riconoscere e salvaguardare il maggior numero di specie è uno degli imperativi della biologia moderna, dato che ci si è resi conto che l'erosione della diversità biologica impoverisce e rende più fragili gli ecosistemi, con conseguenze imprevedibili sull'uomo.

È sicuramente molto importante per noi acquariofili essere al passo con le continue modifiche che interessano la nomenclatura dei pesci, tuttavia va sottolineato come l'aspetto più affascinante e senza dubbio più appagante del nostro hobby sia rappresentato dall'osservazione e dalla comprensione del comportamento (etologia) degli animali che alleviamo. È questo che ci regala le maggiori soddisfazioni, mentre i nomi -queste pure formalità - possono essere considerati al pari di semplici codici.

BIBLIOGRAFIA CITATA:
Greenwood P.H., 1979. Towards a phy-letic classification of th è 'genus' Haplochromis (Pisces, Cichlidae) and related taxa - Part I. Bull. Br. Mus. Nat. Hist. (Zoo!.), 35 (4): 265-322.
Konings A., 1995. A review of th è sand-dwelling species of th è genus Aulonocara, with th è description of three new spetì es. Cichlids Yearbook voi. 5, 26-36.
Lippitsch E., 1990. Scale morphology and squamation patterns in cichlids (Teleostei, Perciformes): a comparative study. Journal of Fish Biol, 37, 265-291. Mazeroll A.I. e Weiss M., 1995. The state of confusion in Discus taxonomy. Cichlids Yearbook voi. 5; 77-83.
Meyer A., Riehl R. e Zetzsche H., 1987. A revision of th è cichlid fishes of th è genus Aulonocara REGAN, 1922 from Lake Malawi, with description of six new species. Cour. Forsch.-Inst. Senckenberg, 94, 7-53.
Meyer A., Kocher T.D., Basasibwaki P. e Wilson A.C., 1990. Monophyletic ori-gin of lake Victoria cichlid fishes sugge-sted by mitochondrial-DNA sequences. Nature, voi. 347, October, 550-553.
Sturmbauer C. e Meyer A., 1992. Genetic divergence, speciation and morphological stasis in a lineage of African cichlid fishes. Nature, voi. 358, August, 578-581.
Van der Bank F.H., Grant W. e Ferreira J., 1989- Electrophoretically detectable genetic data for fifteen southern African cichlids. Journal of Fish Biol., 34, 465-483.