testo di Giorgio Melandri

La piccola farfalla Euphydrias editha è scomparsa per sempre dalla collina di Jasper Ridge a Standorf, in California nel mese di marzo del 1997. Come mai? Un gruppo di studiosi della locale Università guidati da Paul Ehrlich osservavano da tempo il declino della specie in quest'area e dopo avere raccolto per anni tantissimi dati ed avere formulato parecchie teorie al riguardo si sono formati l'idea che la causa più importante sia una sequenza di stagioni non buone, abbinate alla mancanza di un territorio sufficientemente diversificato perch é troppo piccolo (la collina è oramai un'isola verde in una zona densamente popolata). In altre parole: di fronte a variazioni climatiche le larve della farfalla devono avere ugualmente la possibilità di nutrirsi, scegliendo da un menù di piante adatte; se l'una sta germogliando tardi per il freddo dovrà trovarne un'altra analoga ma più precoce; se una è seccata presto, sarà bene cercarne un'altra ancora in foglie. Dunque l'elemento decisivo non è l'estensione dell'area protetta (anche se questo fattore ha la sua importanza), ma la sua ricchezza e varietà . La biodiversità, ancora una volta. Ho letto questa storia in un articolo di Franco Carlini apparso su 'Il Manifesto' del 5 febbraio 97. Un amico, avendo visto sul divano di casa mia il libro di Edward O. Wilson 'La diversità della vita (1993 RCS Rizzoli Libri S.p.A. - Milano) mi ha portato la pagina, pensando che la cosa, che lo aveva colpito, potesse interessarmi. Guardando la pagina ho pensato che l'argomento potesse interessare anche i naturalisti-ciclidofili dell'AIC ed ho riportato la storia perch é mi ha fatto riflettere il fatto che un gruppo di studiosi, invece di preoccuparsi di scongiurare un'estinzione si siano messi a studiarla; vuoi dire che il problema è diventato molto serio.

Che cosa è la biodiversità?


Pterophillum scalare catturato in Perù


La varietà delle forme viventi, ovvero la biodiversità, è lo strumento che permette alla vita di presentarsi così come la conosciamo, le permette di colonizzare tutti gli ambienti, le permette di adattarsi ai cambiamenti, le permette di riprendersi dopo le grandi catastrofi. La vita ha impiegato un miliardo di anni per realizzare questo progetto, per costruire la 'struttura' grazie alla quale è in grado di resistere cosi come la vediamo. Per questo ogni frammento di questa costruzione, ogni più piccolo frammento di biodiversità ha e deve avere per noi un valore inestimabile. Ma come si sviluppa la biodiversità ? Per capirlo dobbiamo tenere presente che l'evoluzione segue due diversi percorsi, uno attraverso il tempo ed uno attraverso lo spazio. Se una specie cambia nel tempo mutando le sue caratteristiche alla fine non resterà che una sola specie (evoluzione filetica). Se invece, per una qualsiasi ragione, a d esempio una barriera geografica, una parte degli individui di una specie comincia ad evolversi indipendentemente dall'altra e sviluppa caratteristiche proprie avviando un processo di speciazione allora il risultato saranno due specie diverse. In quest'ultimo caso l'evoluzione fì letica ha come 'effetto collaterale' la formazione di nuove specie aumentando la biodiversità . Ragionando si può capire come la definizione di specie, oggi così discussa, sia comunque un punto di partenza fondamentale. Un altro elemento importante è quello di popolazione, perch é l'evento fondamentale dell'evoluzione è, in stretta connessione con la selezione naturale, il cambiamento della frequenza di certi caratteri all'interno di una popolazione.

Le grandi estinzioni di massa: l'uomo sta producendo la sesta.
La vita fu drasticamente impoverita nel corso di cinque episodi principali distribuiti nelle varie ere geologiche ed ogni volta è riuscita a ristabilirsi sugli originali livelli di biodiversità. Ma quanto tempo occorre per rimediare alle perdite? I 25 milioni di anni che sono serviti a rimediare la flessione dell'Ordoviciano sono il tempo minimo, mentre i 100 milioni di anni serviti a ripristinare la diversità dopo le riduzioni del Permiano e del Triassico (i cui effetti si sommarono) rappresentano il tempo più lungo. Questi dati dovrebbero far riflettere chi sostiene che la natura ricrea ciò che l'uomo distrugge; potrebbe essere, ma in un tempo così lungo da non avere significato per l'uomo di oggi che, relativamente a questi tempi, è sulla terra così come lo vediamo da un tempo brevissimo. Per fare un esempio concreto l'uniformità genetica delle piante alimentari introdotta dall'uomo ha drasticamente ridotto la biodiversità originale ed ha diminuito le nostre scelte per il futuro. Certo le grandi distruzioni delle foreste fanno molto più notizia, ma anche la semplificazione dell'ambiente introdotta dall'uomo in agricoltura avrà anch'essa esiti di-sastrosi.

Parliamo di Ciclidi.
Per poter parlare dei nostri amici Ciclidi occorre spiegare cosa è la radiazione adattativa. Con questo termine si designa il processo di diffusione in nicchie diverse da parte di specie che possiedono antenati comuni (per contro si parla di convergenza evolutiva nel caso in cui specie frutto di diverse radiazioni adattative, avvenute perlopiù in luoghi diversi, tendono ad occupare la stessa nicchia e a specializzarsi nello stesso modo). Forse non tutti i ciclidofì li sanno che la famiglia Cicblidae ha una forte propensione alla radiazione ed i grandi laghi africani, dove i Ciclidi sono i dominatori ed occupano quasi tutte le nicchie disponibili, sono li a dimostrarlo. In particolare le gamma di centinaia di specie del lago Vittoria è la più ampia osservabile in un gruppo singolo e limitato ad un solo lago o bacino idrico. In più queste specie non solo presentano tutte le possibili specializzazioni (detritivori, molluscivori, piscivori, fitofagi), ma le presentano anche nella gamma completa di tutte le gradazioni. Questo vuoi dire che tra i molluscivori, ad esempio, vi sono specie più specializzate e meglio adattate di altre che sono invece rimaste più 'generaliste'.

I Ciclidi del Vittoria sembrano tutti discendere da una singola specie genitrice che ha colonizzato il lago a partire da quelli vicini, più antichi. La prova di questo fatto sono state presentate nel 1990 da Alex Meyer e dai suoi collaboratori che hanno confrontato il patrimonio genetico di questi Ciclidi. Infatti altri aplocromini del lago Malawi e Tanganica hanno un patrimonio simile a quello dei Ciclidi del Vittoria (il che dimostra un antenato comune), ma le somiglianze sono sempre minori di quelle che i Ciclidi del Vittoria hanno tra loro. Si è calcolato inoltre che la radiazione adattativa dei Ciclidi del Vittoria non abbia richiesto più di 200.000 anni. Questo fenomeno rientra in una categoria particolare di radiazione adattativa chiamato sciame dì specie (species flock). Con questo termine si indica una situazione in cui sono presenti un numero relativamente alto di specie tutte derivate da un antenato comune e tutte localizzate in un luogo singolo e isolato come un lago, un'isola o una catena montuosa. Come è possibile che questo succeda senza che intervengano barriere geografiche o numerosi cicli di siccità che dividono il lago? E' possibile che questi Ciclidi abbiano sviluppato le specie con mezzi simpatrì ci, cio è senza barriere fisiche che isolassero le popolazioni? E' vero che il lago Vittoria è molto esteso ed è orlato da una linea costiera lunga 24.000 Km dove le occasioni di separazione, anche di habitat, sono e possono essere state moltissime. Ma, come dice Wilson nel suo libro, potremmo spiegare una tale velocità se trovassimo una predisposizione di questi pesci ad una rapida evoluzione. La prova di questa predisposizione non è stata rintracciata nei grandi laghi africani dove ormai competizione e specializzazione hanno raggiunto livelli prossimi alla saturazione, ma è stata scovata in Messico. Quella che per tutti gli scienziati è la prova di questa capacità è una nostra vecchia conoscenza: Herichthys minckley (vedi AIC speciale 21 1997). Questa specie è 'sulla soglia' di una radiazione adattativa ed è attualmente una specie polimorfìca che, secondo necessità, è in grado di differenziarsi in forme con abitudini alimentari differenti. Nell'articolo apparso sullo speciale si parla nel dettaglio di questa straordinaria capacità

Conclusioni.
Spero con queste righe di avere stimolato una curiosità su questo tema e di avere sottolineato ancora una volta la gravita della situazione del lago Vittoria. Come appassionati non dobbiamo distrarci mai e sicuramente la cultura sui biotopi naturali e sui meccanismi che li regolano rimane la nostra arma migliore; solo se conosciamo possiamo evitare di fare danni e cercare di evitare che altri li facciano. Spero che l'AIC sia sempre impegnata a sostenere questa scelta ambientalista che credo sia l'unica vera novità dell'acquariofì lia italiana degli ultimi anni.