testo F. Gagliardi

Tra le caratteristiche più rappresentative e singolari che si possono osservare allevando dei Ciclidi, le cure parentali sono certamente quelle più affascinanti. Stupiscono specialmente gli incubatori orali per questo loro estremo grado d'adattamento che li ha portati a ”nascondere" le uova all'interno della cavità buccale. Tuttavia tale adattamento a volte è un ostacolo difficilmente sormontabile per gli acquariofili: alcuni pesci infatti dopo pochi giorni di incubazione si cibano delle uova, con estremo nostro disappunto. Quali sono le ragioni di tale comportamento? Di certo una risposta scientifica richiede delle complesse ed approfondite considerazioni, ma molto spesso si tratta di pesci giovani non ancora in grado di sostenere il gravoso onere di un prolungato digiuno, oppure si può pensare a uova non fecondate che dopo poco tempo perdono il loro naturale turgore rompendosi. Che fare in questi casi? La strada da scegliere è quasi inevitabilmente quella dell'incubazione artificiale, modalità attraverso cui è possibile ad esempio chiarire dove sia l'eventuale punto “debole” della questione (ovvero, femmina immatura o uno dei due partner è sterile). Se si osserva con attenzione un Ciclide mentre porta a termine il suo periodo di incubazione orale, si ricavano alcune indicazioni fondamentali su come tentare di svolgere “artificialmente” tale attività. Una delle caratteristiche fondamentali da rispettare per allevare artificialmente le uova degli incubatori orali è che queste ultime siano costantemente mescolate, al pari di quanto avviene all'interno della cavità buccale dei genitori. Tale caratteristica serve certamente per far si che le uova siano sufficientemente ossigenate, ovviando peraltro anche all'adesione delle stesse. Personalmente ho tentato più volte l'incubazione delle uova senza genitori e grossi problemi non sono quasi mai sorti. Le specie con cui ho tentato sono: alcune specie appartenenti al genere Oreochromis e una specie di Haplochromis. Catturata la femmina provvedo a farle espellere le uova, qui credo che ognuno abbia la sua tecnica, ricordate che è assolutamente indispensabile avere già le mani bagnate quando si afferra un pesce. Personalmente trattengo il pesciolino fuori dall'acqua facendo attenzione a lasciare il cranio immerso sino all'opercolo branchiale e contemporaneamente divarico dolcemente la bocca; in tal modo ad ogni atto respiratorio cadono per gravità piccoli gruppi di uova. Non bisogna tuttavia esagerare mantenendo il pesce in queste condizioni più del dovuto, visto che ciò determinerebbe uno stress troppo grande. Delle indicazioni generiche in merito ai tempi massimi sono difficili da fornire e certamente poco attendibili, poiché tali tempi sono intimamente legati a molte variabili come il tempo impiegato per catturare la femmina, la nostra manualità, l’intensità della luce, la vicinanza a fonti di calore e lo stato fisiologico dell’animale. Quindi solo il nostro occhio e la nostra sensibilità possono venirci incontro in questo frangente. Quando tutte le uova sono state rilasciate, una delle accortezze che seguo, prima di liberare definitivamente la femmina, è di farle uscire dalla bocca la bolla d’aria accidentalmente incamerata durante l’espulsione forzata delle uova. Per far ciò basta solo immergerla in posizione verticale (con il cranio verso l’alto) e la bolla d’aria rapidamente salirà verso la superficie dell’acqua. Una ulteriore accortezza, purtroppo non sempre possibile per i soliti motivi di spazio, è quella di rilasciare la femmina in una vasca di “riabilitazione” dove almeno per 15 giorni si possa nutrire indisturbata ed al sicuro dagli attacchi del maschio o di altri pesci.
Ottenute le uova, il problema successivo è quello di mettere a punto una struttura in grado di agire efficacemente come una vera e propria cavità buccale. In questo senso c'è ben poco da inventare, bisogna solo dedicarsi al fai da te.
Dico c'è ben poco da inventare in quanto nel campo dell'acquacoltura da moltissimo tempo si impiegano le bottiglie di Zug. Si tratta di bottiglie in vetro, prive di fondo, poste in posizione rovesciata e collegate in basso, dalla parte del collo, ad un tubo attraverso il quale fluisce l'acqua. Il flusso verticale dal basso verso l'alto mantiene costantemente in movimento le uova, ossigenandole e non facendole incollare tra loro; attraverso una valvola si può provvedere a regolare il volume di acqua in entrata. Questo ultimo accorgimento è assolutamente fondamentale poiché la regolazione del flusso va variata durante il periodo di allevamento delle uova e degli embrioni, infatti essi diminuiscono nel tempo il loro peso e se non si è in grado di variare il flusso in entrata le conseguenze sono ovviamente disastrose!
A questo punto la realizzazione casalinga di una bottiglia Zug è abbastanza agevole: serve una bottiglia in plastica, un tubo di sezione adeguata al collo della bottiglia, una valvola regolatrice di flusso, una pompa centrifuga, un pezzetto di stoffa o di calza in nylon e del materiale galleggiante (polistirolo, tappi in sughero etc.). La scelta della bottiglia richiede due sole accortezze: il collo deve essere conico e non a calotta, questo per evitare che le uova stazionino ai margini del flusso senza esserne trasportate ed è preferibile che la plastica non sia completamente trasparente, ma di un colore scuro (verde o marrone ambrato). La bottiglia va poi tagliata in prossimità del suo fondo e vanno praticati alcuni piccoli fori di sfogo per l’acqua nella sua porzione più distante dal tappo. La valvola regolatrice, il tubo e l’invito della pompa centrifuga vanno solo scelti di sezione appropriata per essere collegati tra loro. La sequenza è: pompa centrifuga, breve pezzo di tubo, valvola regolatrice, secondo pezzo di tubo e bottiglia rovesciata. Il nylon va posto, tra la porzione terminale del tubo e la bottiglia, come dispositivo di non ritorno delle uova qualora venisse a cessare il flusso di acqua ed è utile inoltre per evitare il passaggio di particolato nella bottiglia. Collegato il tutto, se non fosse possibile bloccare la bottiglia stessa, ad esempio con delle rocce, si può applicare del materiale galleggiante intorno al bordo superiore (che nel nostro caso è il fondo). Si badi che il margine della bottiglia deve essere alla stessa altezza dell'acqua dell'acquario. A questo punto si attiva la pompa centrifuga, che deve essere tra le più piccole in commercio e si fa una prima prova con un uovo in modo da regolare idoneamente il flusso: le uova devono essere mantenute in costante e delicato movimento e mai devono spingersi oltre i 2/3 della bottiglia. Una variante può essere quella di collegare il tubo direttamente a quello di uscita della pompa del filtro dell'acquario, ma in questo caso prima della valvola regolatrice bisogna inserire un raccordo a T che permetta alla maggior parte dell'acqua di fluire direttamente nella vasca.