testo di Flavio Gagliardi

Il materiale di fondo, qualunque esso sia (sabbia fine, ghiaietto, terriccio etc.), è spesso trascurato nella progettazione di un acquario. Probabilmente la ragione di tale negligenza è legata alla scarsa informazione in merito alle molteplici e cruciali reazioni ed interazioni chimico-fisiche-biologiche che si svolgono in stretta relazione a questo essenziale elemento di arredo delle nostre vasche. Inoltre, le apparenti caratteristiche di immobilità, immutabilità e stabilità del materiale di fondo non aiutano di certo a stimolare la curiosità degli appassionati.

Per valutare l'importanza del materiale di fondo va chiarito l'obiettivo che ci si prefigge quando si sta per arredare un acquario. Difatti questo può essere diverso a seconda delle nostre necessità: acquario votato al solo "piacere dell'occhio", vasca di quarantena, vasca per la riproduzione, vasca per la stabulazione etc. Ognuno di questi singoli tipi di acquario soddisfa differenti bisogni per cui l'importanza relativa dei suoi componenti, materiale di fondo incluso, varia sensibilmente da caso a caso. Un esempio: le vasche progettate per curare i nostri pesci solitamente non vengono arredate con sabbia ed affini ciò al fine di renderle più pratiche in termini di gestione. Tali vasche, infatti, dovendo soddisfare requisiti come l'estrema pulizia mal si conciliano con ghiaietti e sabbie, che notoriamente offrono un valido rifugio a molte specie di microrganismi. Altri sono gli obiettivi che ci poniamo quando decidiamo di realizzare un acquario "ornamentale". In questi casi il materiale di fondo assume una maggiore rilevanza poiché ci permette di prendere in considerazione le caratteristiche dell'ecologia delle specie allevate e perché si propone come un elemento che caratterizza fortemente l'estetica dell'acquario.

Andiamo per gradi e partiamo con una domanda a prima vista "banale": quando e quanto è importante il materiale di fondo per i nostri pesci e le nostre piante?

Sembrerà strano, ma a volte il materiale di fondo è utile anche se si allevano pesci appartenenti al genere dei Cyprichromis, si tratta di Ciclidi pelagici che nel corso della loro vita si trattengono quasi esclusivamente nelle acque aperte. La ragione dell'utilità di ghiaie e simili in questo caso è sostanzialmente dovuta al fatto che questo impedisce che il pesce riceva luce (o riflessi luminosi) dal basso (condizione questa del tutto innaturale che contribuirebbe a stressarlo). Spesso, infatti, si osservano negli acquali dei pesci impauriti, scoloriti e timidi proprio perché non si è posta la dovuta attenzione ad evitare l'illuminazione dal basso.

Un ulteriore aspetto che rende indispensabile il materiale di fondo è che questo contribuisce ad aumentare notevolmente la stabilità globale dell'ecosistema acquario. Infatti sabbia, ghiaia e simili aumentano la superficie utile per l'insediamento dei batteri nidificanti, vale a dire quei ceppi batteria che ossidano l'ammoniaca (NH3) a nitriti (NO2) e poi a nitrati (NO3), facilitando le funzioni del filtro biologico.

Qualora si desideri allevare pesci che vivono in stretta relazione con il fondo, definiti bentonici, il ruolo e le caratteristiche del materiale da impiegare assumono una sempre maggiore rilevanza. Un valido esempio ci è offerto da alcuni Ciclidi endemici del lago Tanganica: le Xenotilapia. Questi delicati e graziosi pesci bentonici si nutrono principalmente di Chironomidi e di altri piccoli invertebrati che scovano proprio rovistando (in realtà filtrano attraverso la bocca) la fine sabbia del lago. Necessariamente quindi la vasca a loro dedicata dovrà essere arredata con sabbia a fine granulometria, in modo che questi animali possano farci apprezzare il loro naturale modo di alimentarsi. Ovviamente nulla e nessuno vieta di allevare Xenotilapia in vasche con ghiaietto policromo a diametro grande o senza alcun tipo di materiale sul fondo, è tuttavia credibile che una scelta di questo genere si ripercuota negativamente sulla vita dei nostri ospiti, magari ritardando o compromettendo del tutto l'accoppiamento.

Nell'economia di gestione di un acquario il materiale di fondo si candida poi come sede di molte reazioni chimiche basilari dei cicli di nutrienti quali azoto e fosforo. Nel caso del ciclo dell'azoto il substrato delle nostre vasche può divenire un valido denitratore, poiché negli strati più profondi e meno ossigenati possono avvenire quelle reazione biochimiche che permettono di ridurre i nitrati (NO,) liberando azoto gassoso (N2). Ovviamente ciò accade solo se fattori come granulometria, consistenza, compattezza, parametri chimico fisici dell'acqua etc. rientrano entro valori ben determinati. Il fosforo invece tende ad accumularsi negli starti aerobici del materiale di fondo combinandosi con gli ossidi di ferro ed a liberarsi qualora la concentrazione di ossigeno diminuisca (Adey e Loveland, 1998), per cui anche per questo elemento la presenza di materiale sul fondo sembra quantomeno utile.

Alla luce di queste brevi considerazioni sabbie, ghiaie e terricci si guadagnano a ragione un posto di rilievo nel nostro acquario. Tuttavia in base a quale criterio sceglierli? Un primo passo potrebbe essere questo: ricercare materiali che abbiano caratteristiche simili, o quantomeno confrontabili, a quelle degli ecosistemi che si intende "ricreare".

Il problema si sposta quindi sull'otte-nere il maggior numero di informazioni in merito alle abitudini ed agli ambienti di provenienza dei nostri beniamini. In questo senso i numerosi libri specializzati, le riviste, i video e le esperienze di chi ha visitato i luoghi da cui provengono i pesci che ci interessano sono le migliori fonti possibili a cui fare riferimento.

Premesso ciò passiamo a delle considerazioni di ordine generale.

In natura a mano a mano che ci si inoltra verso le acque più calme i sedimenti diventano sempre più fini, si riduce quindi la loro granulometria: rocce, ghiaia grossa, ghiaia fine, sabbia, argille, fango. Quindi possiamo affermare che, tra i vari elementi da considerare, il grado di idrodinamismo delle acque dei biotopi di provenienza dei pesci che desideriamo allevare può indicarci il tipo di materiale di fondo più adatto alle nostre esigenze. Ad esempio, se in un filmato che ritrae i pesci che ci interessa allevare osserviamo delle distese sabbiose dobbiamo tenere a mente alcune caratteristiche che le contraddistinguono. Infatti queste sono presenti laddove esista un notevole idrodinamismo, fattore che contribuisce a mantenerle tali e che le rende inospitali per molti organismi bentonici (bivalvi, insetti, crostacei). Sono pochi infatti gli organismi che resistono a tali difficili condizioni di vita e persine la carica batteria è ridotta proprio a causa dei fenomeni di forte e costante dilavamento ("wash out") dovuto alle correnti. In casi come questi è generalmente ipotizzabile unire alla sabbia sul fondo una pompa centrifuga potente che permetta una buona circolazione dell'acqua.

Al contrario, i sedimenti più fini, argillosi e fangosi si trovano in corrispondenza di aree con minore idrodinamismo ed ospitano, specialmente nelle acque dolci, una fauna molto ricca dominata da insetti e vermi oligocheti, che contribuiscono a sconvolgere meccanicamente (il fenomeno viene denominato: bioturbazione) questi substrati. Sebbene questa notevole attività (scavo di gallerie, ingestione di materiale, etc.) determini una continua ossigenazione, l'alta carica batterica tipica di queste aree determina il pressoché totale utilizzo di tutto l'ossigeno disponibile. Difatti è possibile osservare condizioni di anaerobiosi (mancanza di ossigeno) e di produzione di idrogeno solforato nelle porzioni più superficiali della colonna di sedimenti. Proprio queste condizioni influiscono notevolmente sulla biomassa e sul numero di specie che riescono ad adattarsi a questi ambienti, dettando le regole per un rigido controllo della struttura e della funzione della comunità biologica che qui si insedia (Adey e Loveland, 1998). In questi ambienti ricchi di sedimenti fini, poco utilizzabili come fonte di cibo da parte degli animali superiori (pesci compresi), la carica batterica è solitamente grande perché i batteri riescono a nutrirsi dei sedimenti. Tale ingente quantità di batteri è a sua volta preda di una vasta gamma di organismi come bivalvi, vermi, larve di insetti, rotiferi etc. fattore che innesca all'interno del materiale di fondo una complessa rete di interazioni alimentari ed eco-logiche. Questa rete rende la colonna d'acqua immediatamente al di sopra (cioè il nostro acquario) notevolmente più stabile e resistente agli stress (chimici, fisici e biologici) a cui la sottoponiamo con i nostri continui interventi (cambi d'acqua, pulizie dei filtri, sbalzi di temperatura etc.) o con la nostra cattiva gestione. Va ricordato infatti che i microrganismi, sia in natura che nelle nostre vasche, sono in strettissima ed invisibile connessione (chimica e biochimica) con il mondo che li circonda arrivando addirittura a modificarlo prepotentemente. Basti pensare che l'enorme volume di ossigeno atmosferico del quale oggi ci avvaliamo per respirare è stato prodotto in tempi ormai remotissimi dall'azione di miriadi di batteri.

Nel caso dei nostri acquari questa fauna laboriosa e silenziosa è stata sostanzialmente trasferita e concentrata, per i motivi gestionali ed estetici, all'interno del filtro biologico, mentre in natura si ritrova in maniera diffusa sul materiale di fondo (sabbie, rocce, ghiaie, piante etc. ). L'ampia superficie sviluppata da un litro di roccia lavica nel nostro filtro biologico non fa altro che offrire quel substrato necessario all'insediamento dei batteri che in un lago è normalmente messo a disposizione da moltissimi m2 di fondale e dal molto materiale in sospensione nella colonna d'acqua.

Sotto il profilo pratico, una volta individuato il tipo di substrato che si intende impiegare nella nostra vasca è buona norma procedere ad una sua accurata pulizia. Questa può avvenire mediante una semplice lavatura in acqua corrente in modo da eliminare il particolato fine e le impurità e successivamente, ma solo se ne avverte la necessità, mediante una sterilizzazione. Il metodo migliore ed a buon prezzo per procedere alla sterilizzazione è attraverso l'uso di varechina (ipoclorito di sodio). In questo caso bisogna assicurarsi di aver ben risciacquato il materiale fino ad aver eliminato totalmente i residui di doro prima di introdurre sabbia e simili in vasca. Ovviamente l'uso di varechina è sconsigliato qualora si intenda impiegare dei terricci che per la loro natura tratterrebbero i residui di doro cedendoli ad acquario appena popolato! La sterilizzazione mediante bollitura, spesso in voga, è invece poco efficace poiché l'innalzamento lento della temperatura permette ai batteri di produrre le loro forme di resistenza (spore) che supererebbero le alte temperature e sarebbero nuovamente presenti al momento dell'allestimento della vasca.

Bibliografia citata:

Adey W. H. and K. Loveland, 1998. Dynamic aquaria, building living ecosystems, Academic Press, London, second edition, 478 pp.