di Simona Santini

E' tero il titolo può sembrare ambiguo: "Ma come, dopo tutte le attenzioni che ci impongono quando dobbiamo vendere un pesce al congresso annuale AIC (ma è puro, sei sicuro che non sia un incrocio della varietà dello Zambia, con quella della Tanzania?!), vengono a

une eoe gu lunui nanno un valore.' . in realtà non c'è ambiguità: le virgolette che ho messo alla parola "valore" servono proprio a confermare la solita posizione, e cioè che gli ibridi non hanno valore, sono da evitare con il massimo della cura in qualsiasi acquario degno di questo nome e da parte di qualsiasi appassionato degno di questo nome. Perché tutto questo non sembri lo sfogo di un purista e perché chi lo desidera possa avere anche una informazione più approfondita sul perché queste affermazioni sono state fatte dalla sottoscritta con tanta veemenza e sicurezza, cercherò di dare anche delle spiegazioni scientifiche a proposito degli ibridi.

In un passato neanche troppo lontano, il concetto di specie veniva definito sulla base della possibilità di riprodursi di due individui di sesso diverso producendo prole fertile. Si diceva: se non riescono a riprodursi o danno prole sterile, sono di specie diversa. Ma se invece si incrociano? Al momento ho in uno dei miei acquari, cosa di cui non vado certo orgogliosa, il frutto di quello che ritenevo essere un normale accoppiamento tra un maschio ed una femmina di Altolamprologus calvus Black. Ebbene, si da il caso che al momento della riproduzione la coppia si trovasse in un acquario di comunità, insieme, fra gli altri, ad un gruppo di cinque Neolamprologus caudopunctatus. La prole di cui parlavo, apparentemente A. calvus, crescendo si è dimostrata sempre più simile ai caudopunctatus, o meglio, con caratteristiche intermedie: la forma dei caudopunctatus, ma il muso dei calvus, il colore dei calvus, ma le pinne dei caudopunctatus. Ancora oggi non so come sia potuto avvenire, dato che il maschio di A. calvus era fertile e molto attivo durante quella riproduzione, ma deve essere successo che un caudopunctatus, probabilmente eccitato dalla riproduzione dei calvus, ha pensato bene di dare una "spruzzatina" ben orientata, ed è stato fortunato, rovinando una riproduzione. Secondo voi, calvus e caudopunctatus appartengono alla stessa specie? Se, come spero, concordate tutti sul no, perché allora sono riusciti a riprodursi?. La spiegazione è chiaramente una sola: la vecchia definizione di specie non regge. Certo, la prole potrebbe ancora essere sterile (spero, visto che non ho avuto il fegato di sopprimerli e quindi ora bisbocciano allegramente in una delle mie vasche e mi auguro che non decidano di ripopolarla!), ma la questione rimane: perché due specie evidentemente diverse riescono a riprodursi?

La risposta a questa domanda è da cercare nella relativamente giovane età delle specie di Ciclidi. Il lago Tanganica, da cui le due specie in questione provengono è giovane, in termini geologici, dal momento che si è formato non più di 12 milioni di anni fa. Per dare un'idea, la specie umana si è significativamente differenziata dai suoi scimmieschi progenitori intorno ai due milioni di anni fa, ma la maggior parte dei mammiferi moderni si è evoluta tra i 65 ed i 10 milioni di anni fa. Se il lago è "giovane" ancora di più lo sono le specie che lo popolano. Quando due specie sono molto giovani hanno accumulato soltanto poche differenze a livello genetico. I cromosomi sono cioè ancora abbastanza simili e nello stesso numero nelle cellule degli animali delle due specie. Questo si traduce nella possibilità fisiologica di incrociarsi. La impossibilità di riprodursi tra specie diverse non è da intendersi come una "barriera" che madre natura impone per evitare incroci, bensì un accumulo di piccole insignificanti, minime differenze nel corredo genetico di due popolazioni che vivono vicine. Ad un certo punto il numero di piccole, insignificanti, minime differenze sarà tale che le uova prodotte da una femmina della popolazione A non saranno più compatibili con gli spermi prodotti da un maschio della popolazione B ed in questo momento le due specie saranno considerate tali da noi. La realtàè che le due specie si sono cominciate a differenziare molto prima, quando cioè hanno cominciato ad accumularsi quelle piccole, insignificanti, minime, differenze.

La tendenza attuale da parte degli studiosi del settore ittiologico e genetico è di considerare specie diverse anche le varietà di colore. Non molti anni fa si pensava che esistessero solo i Tropheus duboisi ed i T. moori, adesso si identificano almeno sei specie diverse e si è consepevoli di quella che è la grande verità ed il maggior motivo di interesse dei grandi laghi della Rift Valley africana, e cioè che queste specie sono IN CORSO DI DIFFERENZIAZIONE, sono cioè così giovani da non aver ancora finito di fissare i propri caratteri, da non averne ancora avuto il tempo. Qualsiasi processo di incrocio, perpetrato più o meno volontariamente, soprattutto in un ambiente circoscritto come quello dell'acquario domestico, non è che un passo indietro dell'evoluzione, che da milioni di anni seleziona e differenzia le specie . Ci vogliono secoli e centinaia di piccole, insignificanti, minime mutazioni perché due specie si separino, ma bastano l'incompetenza e l'ignoranza di un acquariofilo per tornare

indietro di chissà quanto. L'incrocio e la produzione di ibridi è comunque la disgrazia incontro a cui qual-siasi acquariofilo che assiste a riproduzioni frequenti nei propri acquari è incorso almeno una volta. Ciò che è importante è che tali incroci non vengano cercati, che non si voglia a tutti i costi produrre qualcosa di nuovo, che, oltre ad essere generalmente esteticamente peggiore degli esemplari di partenza ha il triste primato di vanificare secoli di evoluzione. Non c'è alcun interesse scientifico nella produzione di ibridi, è ormai un concetto noto, acquisito, che è possibile ottenere ibridi di Ciclidi diversi, non c'è nulla da scoprire o da dimostrare creando ibridi, non si descrivono la filogenesi e la tassonomia dei Ciclidi provando ad incrociarli e guardando se funziona, questa è la scienza di Pinocchio. I rapporti evolutivi tra specie diverse o presunte tali di studiano mediante approfondite e ripetute misurazioni di caratteri morfologici e mediante lo studio delle sequenze geniche. Se poi l'interesse di coloro che cercano l'ibrido a tutti i costi, disposti anche a "mischiare" artificialmente le uova di una specie con lo sperma di un'altra, è di tipo commerciale (e qui penso ai Blood Parrot, i Ciclidi Pappagallo, risultato di un incrocio tra Amphilopbus labiatus e Heros severus) è operazione ancora più deplorevole, dal momento che si procede alla diffusione di qualcosa che di naturale non ha più nulla, e che in na'tura non si sarebbe mai formato.

Questo è infatti un punto molto importante che i fautori dell'ibridazione non comprendono appieno: gli ibridi che nascono in acquario, nascono perché l'acquario è e rimane sempre una situazione di vita innaturale per i nostri i pesci. Non importa quanto spazio diamo loro: sarà sempre meno di quello che avrebbero in natura. L'ibridazione ha luogo come conseguenza del vivere a stretto contatto di specie che in natura, anche se dividessero lo stesso habitat, avrebbero comunque più probabilità di incontrare un esemplare di sesso opposto della propria specie piuttosto che uno di specie diversa. E' sbagliato, profondamente sbagliato credere e affermare che se "madre natura" (chi sarà poi?!) non ha posto barriere o "blocchi genetici" all'ibridazione di due specie, significa che è lecito ibridarle, che non c'è niente di male. Coloro che fanno tali affermazioni, dovrebbero dedicarsi di più alla osservazione della natura con un occhio più attento alla genetica prima di tutto, ma anche all'etologia, piuttosto che al guadagno e alle esigenze commerciali. Per finire i soliti, tante volte ripetuti consigli per l'allevamento di specie affini: se proprio non si può dedicare loro acquari separati, soluzione che rimane sempre la più auspicabile, cerchiamo di fare in modo che non ci siano esemplari singoli di una specie insieme ad un gruppo dell'altra, dal momento che questo "single" avrà una forte tendenza a riprodursi con un esemplare dell'altra specie. Inoltre è importante non tenere varietà di diverso colore o varietà geografiche della stessa specie: potrebbero essere specie diverse in via di differenziazione e la produzione e successiva commercializzazione del frutto di riproduzioni tra due varietà non farebbe che impoverire la biodiversità della terra, patrimonio già fortemente a rischio per altri motivi. Certo a volte queste accortezze non bastano, ed allora si formano ibridi come i miei "calvaudi". Ma mi è successo una sola volta, non li ho pubblicizzati né tantomeno commercializzati e spero che così faranno tutti i soci AIC e, se riusciremo a diffondere questa cultura, tutti gli aquariofili con un po' di sale in zucca. A presto! Simona.