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testo di Andreas Spreinat


Labeotropheus trewavase Thumni West foto G. Semence

Melanochromis labrosus foto C. Barberis

Aulonocara stuartgranti Mbenji foto C. Barberis

Protomelas sp Taiwan Reef foto P. Salvagiani

Copadichromis azureus maschio foto C. Barberis

Copadichromis azureus femmina foto C. Barberis

Placidochromis electra foto P. Salvagiani

Cyrtocara annectens foto A. Spreinat per ODG

Otopharinx lithobates foto C. Barberis

Sciaenochromis fryeri foto P. Salvagiani

E' più che evidente che in un lago lungo quasi 600 chilometri, dalla superficie di oltre 30.000 chilometri quadrati e con una profondità massima di circa 750 metri vengano a trovarsi i più svariati macro e microhabitat. Jackson (1961, 1963; cfr. anche Staeck 1995) suddivise chiaramente gli ambienti idrici del lago in sette macrohabitat: i litorali rocciosi, i fondali sabbiosi, le zone di transizione tra fondo sabbioso e roccioso, le zone d'acqua libera (suddivise a loro volta in zone d'acqua libera vicine e lontane dal litorale), le regioni d'acqua profonda e le zone degli estuari. Altri lavori di fondamentale importanza furono presentati da Fryer (1959) e per concludere la rassegna da Fryer & Iles (1972). Se può sembrare tanto semplice definire i diversi habitat secondo criteri come ad esempio la profondità, la conformazione del fondale o la mancanza dello stesso, altrettanto difficile può diventare la classificazione specifica degli abitanti del lago secondo i biotopi di appartenenza. Certo, molte tra le 600 specie di Ciclidi e non conosciute del lago Malawi possono venir classificate secondo il criterio di appartenenza a questo o quell' habitat eppure non poche specie si sottraggono ad una "rigida" suddivisione. Ad esempio si potrebbe classificare senza esitazioni il Copadicbromis borleyi compreso tra i cosiddetti Utaka tra le specie delle zone d'acqua libera o per lo meno tra quelle d' acqua libera prossime al litorale. Eppure questa specie vive anche in grandi branchi nelle zone d' acqua libera in prossimità di scogliere che sorgono da grandi profondità mentre immergendosi lungo il litorale roccioso si trovano dei maschi che delimitano il loro territorio e ne difendono i confini sulla superficie di grossi massi o rocce. Le femmine invece depositano le uova in gruppo o singolarmente in prossimità delle rocce. Indipendentemente da problematiche di sapore vagamente accademico, nel corso di questa esposizione intendo descrivere alcuni habitat e relative specie tra i più tipici e diffusi del lago Malawi avvalendomi dell'esperienza accumulata in ripetute immersioni e perlustrazioni sul campo.

Se qualcuno ha presente le foto subacquee di questo lago pubblicate a partire degli anni settanta (ad esempio Stolz 1972; Burgess & Axelrod 1973; Staeck 1977) rimarrà probabilmente deluso trovandovisi per la prima volta. O per lo meno questo è accaduto al sottoscritto quando circa dieci anni fa mi avventurai nelle acque di una piccola insenatura della Baia di Senga, armato di maschera e pinne e trepidante dall'emozione. Mi trovavo nella cosiddetta zona di transizione tra fondo sabbioso e roccioso con un fondale prettamente sabbioso costellato da rari massi più o meno grandi e da alcune rocce. L'acqua era piuttosto torbida la baia di Senga si presenta nel complesso abbastanza piatta e sabbiosa e la visibilità massima oscillava tra i tre e i quattro metri. La zona presentava bassa densità ittica e riuscii ad identificare qualche raro esemplare non del tutto sviluppato appartenente al genere Pseudotropheus ed alcuni piccoli Astatotilapia calliptera. E delle specie dagli splendidi colori neppure l'ombra. Nel complesso si trattava in prevalenza di giovani che fuggivano alla ricerca di un rifugio tra i ciottoli non appena cercavo di avvicinarli. Nella zona d'acqua libera mi imbattei (se si può definire tale uno specchio d'acqua che raggiunge a mala pena l'altezza dell'ombelico) in alcuni giovani Rhamphochromis lunghi tra i quattro e i sei centimetri che nuotavano in gruppi sparsi. Memore della promessa fatta ad uno studente dell'Istituto di Zoologia di Goettingen di catturare per le sue ricerche alcune larve di insetti del lago Malawi, cominciai a raccoglierne alcune deposte liberamente o attaccate ai ciottoli smuovendo i sassi sott'acqua e le immersi nell'alcool.

Fu così che vidi i primi piccoli Aethiomastacembelus shiranus che, pur non vivendo direttamente sotto i ciottoli, sbucarono dai loro nascondigli disturbati dai miei armeggiamenti sottomarini. Ne potei così catturare alcuni esemplari dal disegno marroncino della lunghezza di 10 15 centimetri con un retino da farfalle senza difficoltà. Riconobbi alcuni Chiloglanis dalla forma affusolata. Fu veramente difficile catturare questi esemplari lunghi 5 6 centimetri in quanto fuggivano precipitosamente verso il cumulo di sassi più vicino non appena venivano spaventati. E senza farli muovere era quasi impossibile riconoscere questi pescetti dai colori inverosimili che riuscivano a nascondersi nelle fessure più ridotte. La mia prima perlustrazione di un fondale misto si rivelò nel complesso deludente tenendo presente le foto di cui accennavo in precedenza. Solo in seguito ebbi modo di trovarmi in ambienti situati in habitat di transizione tra fondo sabbioso e roccioso nei quali mi sentii come in un acquario.

I litorali sabbiosi

Dapprima potrebbe essere deludente constatare che la maggior parte del litorale del lago Malawiè composto da coste sabbiose dal fondale relativamente pianeggiante. Anche tenendo conto delle zone paludose, Ribbink ed altri (1983:150) si valuta che la superficie del litorale non roccioso e non ciottoloso nel Malawi si aggiri attorno al 70 % del territorio. Le zone costiere rocciose dal fondale che discende rapidamente rappresentano a stento un terzo del totale. A questo si aggiunge che in tutte le zone visitate dagli autori sopracitati, il fondale roccioso o ciottoloso a profondità inferiori ai quaranta metri si trasforma in territorio sabbioso. L'esperienza fatta conferma questa versione: ogni zona rocciosa perlustrata si trasformava ad una profondità inferiore ai quaranta metri in un fondale sabbioso o melmoso. Persino lungo le coste del monte Livingstone (versante settentrionale) che scendono repentinamente a picco sul lago non riuscii di norma a scoprire alcun ambiente roccioso puro, nonostante il fondale continuasse a scendere e talvolta anche piuttosto rapidamente. Ribbink ed altri sono giunti alla conclusione che in questo modo solo meno del cinque percento degli ambienti potenzialmente vivibili possono essere adatti per i Ciclidi tipici delle zone rocciose. Va da sé che anche le zone di litorale sabbioso possono ospitare specie interessanti comprese in prevalenza nel genere definito "Haplochromis" e quindi non Mbuna. Si trovano soprattutto rappresentanti del genere "Letbrinops" (per meglio dire sia Taenioletbrinops che Tramitichromis), maè anche facile incontrare specie del genere Nyassachromis sui fondali esclusivamente sabbiosi. I maschi compresi in questi generi nella maggioranza dei casi scavano buche nella sabbia o formano addirittura dei piccoli crateri di sabbia per attirare le femmine a deporre le uova. Esiste poi una serie di altre specie presenti nel litorale sabbioso delle quali ne citeremo solo alcune conosciute dagli acquariofili come il Placidochromis electra, il Cyrtocara moorii, il Fossorochromis rostratus e il Taeniochromis holotaenia. Spesso miè capitato di notare che i lunghi litorali sabbiosi, e in modo particolare quelli esposti alla forza del mare aperto, siano poco indicati anche ai subacquei con maschera e pinne. A sud della baia di Senga, a sud della baia di Nkhota, presso la Rota Nkhota o anche a sud della baia Mbamba si trovano dei litorali talmente lunghi con onde e sabbia bianca da sembrare un paesaggio marittimo che invita a bagnarsi ed esplorare il fondale. Le onde però stanno anche ad indicare che qui l'acquaè torbida, per lo meno nella zona sublitorale, e una visuale df pochi decimetri o centimetri non permette nessuna osservazione subacquea. Dai raccoglitori di pesci d'acquario del posto venni a sapere che in queste zone torbide sublitorali spesso si cattura il Cyrtocara moorii. In queste condizioni ambientali i pesci non vedono la rete e diventano facili prede contrariamente a quanto accade nelle zone litorali d'acqua limpida dove il "moorii" si è guadagnato la fama d'essere particolarmente furbo. In particolare i sistemi di cattura dei pescatori potrebbero fornirci conclusioni interessanti. Se si vedono degli uomini seduti sulla spiaggia che formano due catene e tirano assieme una corda, di regola in mezzo a loro si trova una rete cheè stata trascinata in precedenza al largo da tipiche piroghe locali ed ora, appesantita sotto e generalmente munita di galleggianti sopra, viene trascinata verso la spiaggia assumendo una forma a semicerchio. Il momento di massima tensione si raggiunge quando l'acqua, a pochi metri dalla spiaggia, comincia a ribollire. Adessoè sufficiente riempire una pentola d'acqua, per pochi soldi si ottengono alcuni bocconi prelibati da mettere a cucinare e chi vuole può scegliere alcuni esemplari più piccoli per l'acquario. E' stupefacente constatare quante specie vengono catturate sul fondale sabbioso in questo modo. Oltre ai generi sopraindicati trovai spesso nelle maglie della rete grossi barbi, Tilapia rendalli, Oreochromis squamipinnis, Buccochromis lepturus, Nimbocbromis livingstonii, Pseudotropheus elegans come spesso diverse specie di Protomelas, Otopharynx e Mylochromis. La cosa più particolareè che spesso si vedono esemplari di grandezza tale da mettere in secondo piano gli individui della stessa specie visti in precedenza durante le immersioni con la maschera o bombole. Una volta, dovendo classificare e fotografare il risultato di un'azione di pesca nella insenatura sabbiosa di Liuli in Tanzania, fui oltremodo stupito di trovare alcuni esemplari (notturni) della specie Mormyrus. Non si deve assolutamente far credere che le zone di litorale sabbioso non siano adatte alle immersioni. Alcune tranquille insenature sabbiose sembrano fatte apposta per le immersioni con la maschera come quelle che abbiamo incontrato in gran numero lungo il versante orientale del lago Malawi (territorio Makanjila/Fort Maguire). L'acqua era particolarmente limpida e già a duetr é metri di profondità si incontravano molte formazioni in sabbia di maschi dominanti compresi nei generi Letbrinops e Nyassachromis. I maschi dominanti del territorio risplendevano letteralmente nello specchio d'acqua inondato dai raggi del sole. Muovendosi con tranquillità si può persine assistere alla deposizione delle uova. I territori che presentano delle cosiddette colonie di deposizione sono particolarmente interessanti in quanto i maschi, uno accanto all'altro scavano buche e creano nidi di sabbia. Quasi tutti gli "abitanti della sabbia" appartengono più o meno a specie di Ciclidi timidi. Le distese sabbiose aperte non offrono alcuna protezione dai predatori. Queste specie mantengono maggior distanza di sicurezza verso l'osservatore rispetto agli Mbuna del litorale roccioso mentre difendono il territorio. Un ulteriore aspetto importanteè dato dalla possibilità per il subacqueo con la maschera di potersi muovere sott'acqua senza rumore mentre con le bombole d'ossigeno il gorgoglio dell'erogatoreè molto fastidioso. Ad esempio, muovendosi con le bombole sul fondale sabbioso ci si può avvicinare ai maschi dominanti di Letbrinops ad una distanza massima di circa un metro e mezzo. Se ci si avvicina ulteriormente i maschi abbandonano il loro territorio e aspettano a debita distanza che l'elemento di disturbo se ne vada. Al contrario un esperto sub con maschera può avvicinarsi furtivo fino a mezzo metro di distanza da questi pesci e scattare fotografie di primo piano dopo essersi fermato a tre metri di distanza ed essersi avvicinato appiattito sul fondale. Le zone paludose e prime fra tutte le praterie di Vallisneria costituiscono un habitat dal fondale sabbioso particolare. Qui i pesci non sono cosi timidi come nei fondali sabbiosi veri e propri dato che possono tranquillamente defilarsi. Uno degli abitanti più diffusi o meglio più appariscenti delle praterie appartiene alla specie Hemitilapia oxyrhynchus. Nei pressi di Likoma osservai diverse colonie di deposizione di questa specie in molti posti. In questo habitat si trova spesso anche il Trematocranus placodon che si nutre di lumache. Altrettanto facileè trovare il Dimidiochromis compressiceps detto il "Chimpeni" (da "chi" che vuoi dire grande e "Mpeni" che significa coltello) e tutto questo solo per nominare alcune delle specie più tipiche. Un avvenimento vero e proprio consiste nell'imbattersi in un esemplare adulto di Fossorocbromis rostratus lungo trentacinque centimetri. Questo grosso Ciclide dalla livrea color bianco argentato e blunero lo si può già scorgere dalla barca sullo sfondo sabbioso. E' comunque sorprendente constatare quante specie possano vivere in certi habitat e talvolta non si immaginerebbe mai di trovare certi individui nel biotopo considerato. Così mi capitò di trovare individui, di Pseudotropheus zebra, per lo più esemplari giovani o non ancora maturi, nelle zone a Vallisneria. Sulle zone sabbiose situate ad una certa profondità (oltre i 10 m ) si possono fare altre osservazioni interessanti anche se occorre immergersi con le bombole. Immergendosi in un punto qualsiasi può accadere che dapprima non si veda neanche un pesce e che il fondale appaia inabitato. Lo scenario cambia dopo pochi minuti. I Ciclidi non territoriali delle zone sabbiose si muovono per lo più in branchi o a gruppi, il gorgoglio del respiratore risveglia la curiosità dei pesci che giungono veloci in "visita". La sabbia o il fango smossi sembrano attirare quasi per magia i pesci. Basta toccare leggermente il fondale con una mano e osservare da una certa distanza per assistere a come gruppi di Mylochromis mola o Placidochromis electra setaccino eccitati il fondale alla ricerca di cibo. Nel lago Malawi nelle zone dei fondali sabbiosi vive una quantità di Ciclidi simili a quelli del lago Tanganica che in gran parte non sono ancora stati studiati. Considerando la situazione si spera in futuro di ottenere piacevoli sorprese. Con un po' di fortuna ci si può imbattere in fosse a profondità di oltre 20 metri abitate da Bagrus meridionali^ e microhabitat densamente popolati nel "deserto di sabbia". Al centro della fossa maschi e femmine sorvegliano il piccolo groviglio grande quanto un piattino formato da avanotti lunghi pochi centimetri. Attorno ai Bagrus si muovono migliaia di avanotti di specie "diverse che sono stati rilasciati dalle femmine sopra o direttamente nella fossa. Le femmine sorvegliano il branco di avanotti dall'alto e lo difendono da specie predatrici che assediano la fossa. Il Taeniochromis holotaenia ed il Champsochromis spilorhynchus si aggirano nervosi intorno alla fossa e si avventano d'improvviso sulla formazione degli avanotti facendone man bassa. Al contrario il Nimbochromis polystigma nuota lentamente sul ventre, si avvicina sempre più alla fossa e pur trovandosi nella conca non lo riconoscono come predatore. E' talmente eccitante e avvincente osservare tali scene che si consuma ben presto il contenuto della bombola d'ossigeno.

Gli estuari dei fiumi

Gli estuari dei fiumi formano habitat simili a quelli delle zone sabbiose spesso tra loro collegati e creano rive paludose a canneto in prossimità degli estuari. Questi habitat presentano dal punto di vista acquariofilo molteplici svantaggi. L'acqua appare nella maggioranza dei casi torbida e le osservazioni dirette non sono possibili o solo in determinate e limitate situazioni. A nord della baia di Nidiata mi sono immerso in zone torbide e ho trovato specie simili a quelle del litorale sabbioso come ad esempio il Mylochromis, il Buccocbromis e il Nimbochromis. Per lo più in questi postiè dato vedere specie come l' Astatotilapia calliptera e la Tilapia rendalli, barbi adulti e altri esemplari che vivono anche nelle zone dei fiumi attigue agli estuari. La presenza di scistosomi (che provocano la bilarziosi) negli estuari si rivela ben più problematica della scarsa visibilità e lo stesso dicasi per la non remota possibillità d'imbattersi in un coccodrillo. Si sconsiglia quindi vivamente ogni tentativo d'osservazione subacquea. Nella laguna di Ghia presso Mtanga ( la costa occidentale a sud del Nkhota Kota) osservammo alcuni pescatori che muovevano grosse reti dalla barca nell' acqua color marroncino dell'estuario che collega la laguna al lago. Avevano pescato quasi esclusivamente dei Rhampocbromis da 15 cm.

Le acque profonde

Gli habitat situati ad elevate profondità non hanno particolare importanza per gli acquariofili e vanno dai trenta ai duecento o duecentocinquanta metri di profondità. Zone più profonde con pochissime tracce di ossigeno non presentano forme di vita superiore. Con la tecnica moderna di compressione dell'aria si possono raggiungere in immersione i quaranta metri di profondità. A maggiori profondità si corre il pericolo di euforia da profondità (ed altri rischi connessi ad esempio alla decompressione) e sono necessarie speciali miscele d'ossigeno per cui la zona cosiddetta di alta profondità non viene raggiunta o per lo meno si esplorano brevemente solo le zone più superiori. Alcune specie di Ciclidi si trovano di norma a notevoli profondità come alcuni Mbuna tipo Pseudotropheus "Dumpy" che ho potuto osservare a 30 metri di profondità dell'isola Maleri. Un altro esempioè quello del Pseudotoropheus "Zebra Dwarf Tanzania" che abbiamo trovato in Tanzania ad una profondità superiore ai trenta metri. Le specie di Copadichromis appartenenti al gruppo dei "FireCrest" scelgono i loro territori di preferenza oltre i trenta metri di profondità. Jackson (1963:58) accenna al Buccochromis che predilige le alte profondità mentre gli avanotti di questa specie vivono in acque basse. Tra gli abitanti delle alte profondità non appartenenti alla famiglia dei Ciclidi, Jackson annovera alcuni Siluridi come il Mormyrus longirostris. Tra i Ciclidi tipici delle alte profondità di recente descrizione scientifica si contano i rappresentanti del genere Alticorpus che vengono pescati ad una profondità tra i settantacinque e i centocinquantametri con delle reti a strascico Tra le maglie delle reti a strascico si sa che spesso rimangono imprigionati esemplari di specie dall'aspetto stravagante strappati dalle profondità più remote che attendono di venir descritti scientificamente. Per gli acquariofiliè possibile farsi un'idea dell'aspetto di questi abitanti degli abissi osservando alcuni pescatori solitari a bordo della loro piroga che pescano con lunghe corde munite di ami e esche in grado di raggiungere oltre i cento metri di porfondila. Si pescano soprattutto esemplari di Rhamphochromis della lunghezza di quaranta centimetri accompagnati spesso da alcuni Diplotaxodon e solo raramente da specie di Alticorpus. A Likoma comperammo degli esemplari appartenenti a due specie di Ciclidi che, stando alle indicazioni del pescatore, erano stati catturati al largo ad alte profondità approssimativamente a metà strada tra Likoma e il Mozambico. Si trattava di un Buccochromis della lunghezza di 30 cm., probabilmente un B. oculatus, e di un altro splendido Ciclide di circa 20 cm. di lunghezza compreso nella specie Otopharynx speciosus. Non mai avuto modo di imbattermi in esemplari di queste specie di simili dimensioni nel corso delle mie immersioni. Certo ognuno di noi vorrebbe osservare il mondo degli abissi. Usando le lunghe corde da pesca si possono catturare quasi esclusivamente pesci predatori e poi chi può mai sapere quali pesci abboccano e quali no? Forse gli abissi nascondono specie completamente diverse? Un primo tentativo in questa direzioneè stato fatto nel 1990 da P. Schubert, mia moglie e il sottoscritto. Approntammo una nassa con un'esca di pesci morti e dopo averla munita di pesi la calammo fino a una profondità di 80 metri. Il giorno seguente la ripescammo. Stavamo tirando la nassa verso la barca che già si notavano all'interno alcuni esemplari allungati color argenteo dalla testa appuntita. A pochi metri di profondità dalla superficie i pesci sbalzarono fuori dalla nassa e ritornarono da dove erano venuti. Quando infine issammo la nassa a bordo, non conteneva altro che alcuni granchi (Potamonautes lirrangensis) e potemmo così spiegare il mistero: i granchi infatti avevano sminuzzato la rete sottile per raggiungere l'esca e i pesci catturati erano fuggiti durante il recupero della nassa dai varchi grandi quanto una mano. Nel 1993 tentammo una seconda volta lungo la costa della Tanzania, ma questa volta ci servimmo di una rete in materiale sintetico. Per rilevare con esattezza la profondità applicammo alla nassa un profondimetro e la calammo per un giorno intero a 56 metri di profondità. Ci trovavamo sul litorale nordorientale nei pressi Nkanda. Pescammo un granchio ed una coppia di Pseudotropheus "Elongatus Sand". In seguito ad un altro tentativo nella baia di Mbamba (per esca pesce morto, 74 metri di profondità e due giorni di immersione) catturammo una decina granchi e un esemplare di Synodontis nyassae. I miei accompagnatori ritennero che i granchi avessero divorato i pesci dopo essere rimasti rinchiusi assieme per un lasso di tempo sufficiente e che per questo non avessimo trovato nessun altro pesce nella nassa all'infuori del siluro combattivo ed armato di aculei.

La zona d'acqua libera

Jackson (1963) distinse tra la zona d'acqua libera vera e propria detta pelagica e quella in prossimità del litorale detta sublitorale o regione neritica. Aggiunge inoltre che solo la sardella del lago Malawi (Engraulicypris sardella) può essere veramente considerata una specie della zona pelagica. Questo pesce sottile e lungo come un dito della mano viene pescato in molte zone e in grande quantità sotto il nome di "Usipa" e rappresenta un'importante fonte proteica. Le Usipa costituiscono anche la base alimentare di molte specie predatrici (.Ramphochromis, Diplotaxodon) pronte a seguire le loro prede fino al largo. Tutte le altre specie presenti nella zona d'acqua libera vivono più o meno vicine al litorale o alle scogliere che sorgono dagli abissi formando "isole" piene di vita nel paesaggio acquatico altrimenti desertico della zona pelagica. Per primi citiamo gli "Utaka". Le specie così denominate dalla gente del posto vengono attualmente classificate nel genere dei Copadichromis. Le femmine, gli individui non ancora adulti e i maschi non dominanti vivono in gruppi talvolta giganteschi a molti metri di distanza dal fondo e quando ci si immerge fino a raggiungere fondali rocciosi di una certa profondità si può assistere allo spettacolo di branchi di Utaka che vivono stretti in grossi branchi occupando pochi metri quadrati ad una profondità di circa 15 20 metri. Le variazioni di corrente costituiscono il motivo principale della presenza massiccia di Utaka che si nutrono principalmente del plancton portato dalla corrente. Talvolta si vedono pescatori che maneggiano grosse reti in zona pelagica. Tutt'attorno non si riesce a scorgere n é piccoli isolotti n é scogliere e ciò nonostante i pescatori fanno una pesca strepitosa e pescano tonnellate di Utaka. Evidentemente i pescatori si sono tramandati di generazione in generazione l'esatta ubicazione delle zone più pescose. In questi posti solitamente si trovano scogliere immerse o altre zone di bassa profondità. E proprio qui si trovano gli Utaka. Rimane un mistero come i pescatori possano navigare e orientarsi con precisione su di una superficie acquea così vasta senza avvalersi di alcun aiuto e facendo riferimento a pochi tratti del paesaggio. Eppure riescono a ritrovare le scogliere immerse con precisione matematica. Anche il Dimidiochromis kiwinge appartiene agli abitanti della regione sublitoranea. Questa specie di predatori che presenta dei maschi dalla livrea color blu brillante nuota a diversi metri dal fondale difendendo le grandi buche piene di uova. Risulta difficile catturali con le reti tanto sono veloci e scattanti e i migliori risultati si ottengono con la canna da pesca. Jackson contò alcune altre specie di Ciclidi, ma anche barbi e Bagrus meridionalis, Bathyclarias loweae tra gli abitanti della zona pelagica. Dei Ciclidi ricordiamo il Champsochromis spilorhynchus e il Tyrannochromis macrostoma solo per fare qualche esempio. La maggioranza dei pesci della zona pelagica, sia per quantità che per numero di specie, appartiene a mio avviso agli Utaka e al genere Rhamphochromis. Comunque non occorre avventurarsi troppo al largo per poter osservare la pesca del giorno edè più comodo sedersi sulla spiaggia e aspettare il ritorno dei pescatori. In questo modo si possono fare con maggior facilità foto interessanti, concentrandosi tranquillamente e senza dover preoccuparsi di non perdere l'equilibrio sulle piroghe dondolanti.

I litorali rocciosi

Come abbiamo già accennato in precedenza, solo il 5% delle zone litorali è caratterizzato da fondali rocciosi o ciottolosi dove viene catturata la maggioranza dei pesci d'acquario. Le specie più rilevanti del litorale roccioso sono naturalmente gli Mbuna. Questo gruppo di Ciclidi conta circa 300 specie e non ha nessuna importanza se si tratta di fondali ciottolosi oppure di gruppi composti da massi imponenti perch é comunque domina sia la zona rocciosa che quella ciottolosa. Di preferenza occupano le zona più vicine alla superficie irradiate dalla luce del sole poich é la luce significa energia utile alla crescita delle alghe o, per meglio dire, dell'insieme dell'Aufwuchs che sta alla base della loro alimentazione degli Mbuna. Le piante migliori vivono nella zona che raggiunge un massimo di cinque metri di profondità e qui le specie come il Labeotropheus fuelleborni e alcuni rappresentanti del complesso P. williamsi hanno stabilito i loro territori. I litorali rocciosi costituiscono gli habitat ideali per quasi tutti gli Mbuna. Qui si incontrano soprattutto rappresentanti dei generi Pseudotropheus, Petrotilapia, Melanocbromis, Labidocbromis, Cynotilapia e Labeotropheus, ma anche molti pesci non appartenenti agli Mbuna popolano questo biotopo. Alcune di queste specie sono relativamente poco specializzate nella scelta di un biotopo preferito. Si ritrova ad esempio la specie Nimbochromis polystigma su fondali rocciosi, nelle zone di transizione tra il fondale sabbioso e quello roccioso, nelle zone di litorale sabbioso vero e proprio e nelle praterie di Vallisneria. Sarebbe troppo complicato approntare una lista delle specie che vivono in questo habitat. Occorre solo sottolineare che le diverse isole, dagli isolotti di Chinyankhwazi e Chinyamwezi nella zona meridionale del lago alle isole di Maleri, Mbenji, Likoma, Chislumba, Ngkuyo e Lundo nella baia di Mbamba e all'isola di Chitendi situata molto a settentrione vicino a Chilumba presentano numerose zone rocciose e sono diffusamente e densamente popolate. Inoltre l'acqua attorno alle isole pelagicheè più limpida rispetto a quella delle zone litorali della terra ferma e l'osservazione dei fondali rocciosi attorno alle isole riserva un fascino particolare.

Zone di transizione tra fondo sabbioso e roccioso

Dai preziosi lavori di Fryer nella baia Nkhata risulta che l'espressione "zona di transizione tra fondo sabbioso e roccioso" ("intermediate zone") si riferisce a un fondale di tipo particolare dove vivono preferenzialmente alcune specie. Il passaggio da una zona sabbiosa a quella rocciosa nonè mai brusco bensì graduale. Spesso sono sorte delle zone sabbiose costellate da ciottoli o scogli più o meno grandi e comunque in qualche zona si ha l'impressione che questo fondale "misto" non costituisca un territorio di transizione ma piuttosto un fondale di tipo sabbioso e allo stesso tempo roccioso come ad esempio in presenza dei fondali di baie che non presentano n é un fondale sabbioso vero e proprio n é uno realmente roccioso. I pesci presenti in questa regione approfittano dei rifugi offerti dalle fessure nelle rocce e si possono nutrire sia brucando l'Aufwuchs presente sulle rocce che smuovendo il fondo e catturando gli organismi presenti nel substrato del fondale sabbioso. Le specie più tipiche di queste zone "miste" sono ad esempio le Aulonocam. Molte altre specie non appartenenti agli Mbuna e presenti anche nelle zone sabbiose si ritrovano spesso in questa regione come i Lethrinops ed altre comprese nella stessa famiglia. Altri generi spesso nominati sono Buccochromis, Mylochromis, Otopharynx, Ctenopharynx, Protomelas, Eclectochromis, Cheilochromis, Lichnochromis, Sciaenochromis e Stigmatocbromis. Tra gli Mbuna i generi monooligotipici come Cyathochromis e Gephyrochromis prediligono i territori "misti". Ritengo che le zone rocciose pelagiche dai fondali spesso costituiti da strati di sedimenti alti diversi decimetri presentino una zona ecologica simile e offrano ai pesci gli stessi vantaggi della regione di transizione. Nonostante la zona "mista" sia caratterizzata da un preciso habitat proprio e da svariate specie tipiche, non sempreè facile capire per alcuni ciclidi se esista una preferenza per i fondali rocciosi veri e propri o per le zone "miste". Nei casi in cui questi due habitat confinino tra loro sarà molto semplice stabilire quale dei due sia il preferito mentre sarà molto difficile ottenere lo stesso risultato osservando gli esemplari di una specie in un determinato biotopo completamente isolato. Bisogna considerare inoltre che le zone di transizione presso le rive che discendono rapidamente sono situate a notevoli profondità per cui la zona rocciosa si presenta meno profonda e offre una fonte di nutrimento più sicura. La cosa più eccitante per un acquariofiloè scoprire lungo un tratto di costa una serie di biotopi vicini. Mi ricordo ancora una tratto della costa nordorientale confinante con la Tanzania nei pressi di Kirondo dove si trova una banco di sabbia costellato da roccette. Gli abitanti delle zone sabbiose popolavano le grandi distese piatte di sabbia mentre gli Mbuna si aggiravano attorno alle rocce. Ad una profondità di 6 8 metri al fondale seguiva una zona rocciosa abbastanza ripida costellata da rocce di piccola e media dimensione che sembrava quasi un fondale detritico ed era popolata da migliaia di Mbuna. Nelle acque più profonde, a circa 15 metri, la zona era meno densamente popolata. La zona rocciosa raggiunse i 20 metri di profondità dopo di che la discesa continuava con un fondale sabbioso interrotto qua e là da grosse rocce. Potei osservare diverse specie Aulonocara e un gran numero di esemplari nonMbuna e posso dire che non c'è modo più bello per conoscere i diversi biotopi di questo.

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