testo e foto di Jeff Dubosc

Nel maggio del 1999 notai su un listino un Neolamprologus sp. "crassus pinne blu". Il pesce era ancora poco diffuso, ma le poche foto pubblicate promettevano bene... L'articolo non era certo regalato, ma qualche giorno più tardi tre "crassus pinne blu" erano arrivati a casa mia. Una piccola ricerca sulla letteratura mi aveva permesso di capire che si trattava di Neolamprologus marunguensis. Ironia vuole che il vero N. crassus sia a sua volta chiamato " brichardi nero". Nelle foto pubblicate da Konings, rilevai la forte somiglianzà dei miei nuovi inquilini con i N. marunguensis originari di Kapampa (costa congolese del Lago Tanganica). Nel vasto complesso brichardi il N. marunguensis appartiene al gruppo dei pesci detti "senza segnature sugli opercoli". Di fatto le specie più simili a N. marunguensis sono N. gracilis e N. crassus: non è un caso che, commercialmente, si sia fatta parecchia confusione riferendosi a queste tre specie usando questi nomi come sinonimi. Se vi interessa approfondire la conoscenza delle specie appartenenti al cosiddetto complesso brichardi vi ricordo che Ad Konings fa il punto della situazione nella sua "Bibbia", cioè su " Tanganyika Cichlids in their naturai habitat", volume indispensabile che non deve mancare nella libreria di un buon

"tanganicofilo". Buscher segnala che a Kiku, Congo, è possibile trovare simpatricamente, cioè insieme nello stesso luogo, cinque specie di questo complesso: N. brichardi, N. gracilis, N. marunguensis, N. savoryi e N. splendes. Ragionando però sul tema "una vasca non è un lago" è meglio evitare di creare occasioni per ibridazioni tenendo insieme specie diverse e soprattutto varietà geografiche della stessa specie (ad esempio "Kapampa", "Kekese" o "Moliro").

N. marunguensis è un pesce che da adulto misura circa 7 cm. La forma del corpo è più tozza di quella di altre specie del complesso, il corpo è rosato e presenta un fine disegno dato dal bordo più scuro di tutte le scaglie. L'occhio è azzurro-turchese con una sottolineatura gialla. Come tutte le specie di Neolamprologus anche questa ha un serie di motivi 'vermiformi' turchesi sugli opercoli. Il particolare più attraente sono le pinne: la caudale e l'anale bordate di un colore bianco-turchese che si estende anche nei filamenti, dorsale compresa. Il bordo superiore della dorsale, nella zona dei raggi duri, è giallo. Dopo un breve periodo di acclimatamento, i due esemplari più grossi cominciarono a condividere il territorio rifiutando, senza essere troppo aggressivi, il terzo e più piccolo esemplare. Per questo ho subito supposto ( e sperato!) di possedere una coppia che ho isolato in una vasca da 120 litri. Il terzo esemplare invece era approdato in una vasca di 600 litri già abitata da una ricca comunità di specie del Tanganica. La presunta coppia intanto si era ben ambientata e, pur filando d'amore e d'accordo, non dava segno di voler deporre. Nel frattempo il terzo esemplare era notevolmente aumentato di taglia raggiungendo la imponente misura di otto centimetri! I suoi compagni di vasca lo avevano soprannominato "terminator": due terzi della vasca erano solamente suoi e nel terzo restante convivevano Tropheus, Ophtalmotilapia, Paracyprichromis, Neolamprologus leleupi ...

Impossibile per tutti pensare di avvicinarsi alle rocce dell'arredamento: solo il fondo sabbioso non era rivendicato da "terminator" il terribile. Nel giro di qualche settimana la situazione era diventata insostenibile. Le Ophtalmotilapia erano oramai di una tinta grigina che mi è valsa gli sfottò di tutti i miei amici, i Tropheus erano più che stressati e non voglio neanche parlare dei Paracyprichromis! Mi decisi allora a riemettere nuovamente il pesce insieme ai suoi due conspecifici nella vasca da 120 litri. Il suo stato di re dei re mi ha semplificato la sua cattura. Un amo del 18 senza ardiglione, un piccolo gamberetto infilzato come si deve ed ecco che il gioco è fatto, prima ancora che i suoi compagni di vasca si siano potuti muovere: finalmente avranno modo di sganchirsi un po'. Nella vasca da 120 litri i pesci si riconobbero immediatamente e l'incontro fu così caloroso che in meno di un'ora di complimenti i miei due superbi N. marunguensis sembravano delle creature insignificanti, senza pinne, con poche scaglie. Il nostro amico, nuovo arrivato, si era subito imposto e la settimana succesiva servi a consolidare la nuova gerarchla con una insospettata sorpresa: il nuovo arrivato e il più piccolo dei due esemplari della vecchia "coppia" stavano sempre assieme. Dopo qualche tempo (nel frattempo le pinne erano ricresciute) il nostro era fieramente di guardia alla sua femmina e ad una piccola nuovola di avannotti, sotto lo sguardo intimorito di due giovani A. calvus che non hanno mai osato avvicinarsi. Una settimana più tardi, colpo di scena, anche il maschio dominato era alla testa di una ventina di avannotti. Era andato a rubare l'altrui prole o era anche lui una femmina? A causa della taglia non lo avevo sospettato, ma alla fine era veramente così: una femmina! Strategicamente non era stata una mossa azzeccatissima la mia: aspettarsi una deposizione da una coppia formata da due femmine! Secondo Konings questi Ciclidi sono planctofagi ed in effetti la precisione e la bravura con cui catturano i naupli di artemia ce lo conferma. I miei esemplari non disdegnano però neanche Artemie adulte e un pastone a base vegetale pensato per i Tropheus con una componente proteica data dai gamberetti. I marunguensis prediligono i bocconi piccoli, come leparticelle ed i frammenti che i peesci più grossi producono rompendo il cibo nella masticazione. Purtroppo nessuno dei piccoli nati nei miei acquari è sopravvissuto e quindi non posso sapere se questa specie forma delle colonie come succede per i N. brichardi. A questo proposito bisigna precisare che queste colonie altro non sono che un gran numero di coppie che vivono e depongono vicine. Certo l'esperienza che ho avuto con questi pesci, sempre molto territoriali ed agressivi, mi fa dubitare della loro capacità di vivere in colonie, cioè a stretto contatto (l'affermazione è poco condivisibile, n.d.t. gm). Questa mia ipotesi è avvalorata da alcuni resoconti di immersioni nel Tanganica che riportano spesso segnalazioni di individui solitari o in coppia. Ho sempre imputato ai A. calvus l'insuccesso nell'allevamento della prole, ma una volta spostati questi ultimi non ho notato miglioramenti, segno che i 'vicini' di casa, cioè gli altri N. marunguensis erano in parte responsabili. Per questo raccolgo con precauzione le notizie che ce li segnalano come pesci che vivono in colonie. La deposizione avviene su substrato e sempre lontano da occhi indiscreti, nei punti più bui e nascosti (solo una volta una femmina mi ha depposto qualche uovo su un vetro). La raccolta dei piccoli per aspirazione non ha dato grandi risultati e l'unico metodo efficace è quello di fornire un rifugio asportabile che ci permetterà di raccogliere un gran numero di piccoli. Può andare bene una grossa conchiglia che anche se non proprio naturale ci permetterà di allevare qualche piccolo. Lo stesso discorso vale per gli A. calvus e chiunque li abbia allevati sa quanto è difficile altrimenti. Con questa tecnica sono riuscito ad allevare qualche avannotto. Le uova, grigio-verdi, si schiudono in tre giorni e i piccoli possono essere alimentati con naupli di artemia. La crescita non sarà mai veloce, ma questa è una caratteristica della specie. Raggiunta la taglia di quattro o cinque cm questi pesci presentano già le loro bellissime e caratteristiche pinne bordate di azzurro-bianco e da qui in poi le pinne saranno sempre più belle e i filamenti sempre più lunghi. Per concludere diciamo che si tratta di pesce molto bello e originale, ma che a causa della sua aggressività va tenuto in grosse vasche ed in compagnia di specie in grado di tenergli testa. Questa ultima caratteristica può ostacolarne la diffusione anche se per fortuna la riproduzione è semplice, cosa che ci permette di regalarne agli amici come è nello spirito di una associazione.

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