testo e foto di Claudio Barberis

Come tutte le Ophthalmotilapia è un Ciclide endemico del Lago Tanganica. Proviene dalla costa della Tanzania e più precisamente da Capo Mpimbwe (da cui il nome). Frequenta l'habitat intermedio, dove le distese sabbiose si alternano agli ammassi rocciosi. Il corpo, abbastanza slanciato, è da 2,5 a 3 volte più lungo che alto. Il muso, corto e convesso, è molto largo e leggermente prominente. La colorazione di base è nera, con una banda bianca irregolare che attraversa il corpo diagonalmente. Questa banda in alcuni soggetti tende al colore turchese. Nello Zaire esiste una varietà di Ophthalmotilapia denominata M'toto, molto simile alla Mpimbwe, con la sola differenza rappresentata dalla diversa collocazione della banda bianca. La taglia si aggira intorno ai 12- 13 cm per i maschi e 10-11 per le femmine. I maschi, oltre che dalla colorazione, sono caratterizzati dalla


maschio con livrea normale

maschio durante il corteggiamento

lunghezza delle pinne ventrali, che qui terminano con delle palette di colore giallo luminoso. Come tutte le Ophtalmotilapia è un pesce che richiede vasche abbastanza capienti a seconda del numero degli esemplari e delle specie. Personalmente, ritengo che un acquario adatto alle loro esigenze comportamentali, non dovrebbe avere un volume inferiore ai 400-500 lt. è molto influente il numero dei maschi: un maschio adulto, una volta costruito il nido, stabilisce il suo territorio che a volte può essere costituito dalla vasca intera. Per questo motivo le Ophtalmotilapia abbisognano di quanto più spazio possibile e se è vero che un solo maschio non crea problemi, è anche vero che in assenza di rivali la colorazione si può affievolire. Per giunta, la possibilità di possedere più maschi, ci permette di osservare i combattimenti ai limiti dei territori che trovo molto interessanti dal punto di vista comportamentale. Questi combattimenti avvengono ogni volta che una femmina è pronta a deporre le uova. I maschi vigilano il loro territorio e quando due di essi si trovano sul confine, uno di fronte all'altro, aprono tutte le pinne minacciandosi. Quando questo non basta e nessuno dei due retrocede, ha inizio il combattimento durante il quale i due contendenti cercano di mordersi la bocca a vicenda. Quando avviene il contatto, le bocche si stringono come morse una all'altra e i due pesci spingono con tutta la forza nella direzione opposta. Di solito dopo pochi minuti sono così esausti che tornano ai rispettivi territori senza che sia cambiato nulla. In altri casi però , succede che uno dei due perde il proprio territorio. Se questo avviene, il perdente mostra il fianco al suo avversario in segno di sottomissione, è sorprendente la rapidità con la quale si affievolisce la colorazione del maschio sconfitto che si porta ben presto a ridosso del branco di femmine confondendosi tra di esse. Per quanto riguarda le femmine, dovranno essere più numerose possibile in modo da ripartire tra di esse gli "interessamenti" dei maschi; tra le pareti dell'acquario, le femmine sono costantemente a contatto dei maschi, che eccitati le inseguono e le stressano corteggiandole animatamente. In natura invece, le femmine si presentano nei pressi dei nidi soltanto quando sono pronte all'accoppiamento, dopo di ch é si ritirano formando un branco in zone tranquille. In condizioni di stress, sono frequenti i casi in cui la femmina abbandona le uova dopo pochi giorni d'incubazione. In altri casi i maschi, costretti a scacciare i numerosi pesci che insidiano i loro territori non riescono a fecondare le uova. Un'altra causa di insuccesso, può essere dovuta alla qualità dell'acqua, che dovrebbe essere il più simile possibile a quella del Lago Tanganica, e cio è cristallina, ben ossigenata e con pH superiore a 8,5. Per ottenere queste condizioni, ricordo che esistono in commercio delle particolari miscele di sali. Personalmente utilizzo un sale contenente i seguenti componenti: 14,4 gr di carbonato di magnesio, 12,5 gr di bicarbonato di sodio e 5,9 gr di cloruro di potassio. La formula che ho descritto è utile per la preparazione di 100 It. d'acqua. Non dobbiamo dimenticare però che l'acqua di rubinetto, non presenta sempre gli stessi valori, perciò sarebbe utile misurare i valori prima dell'impiego del sale, in modo da miscelare le giuste dosi. Un altro aspetto molto importante è rappresentato dall'arredamento della vasca. Come mi era già capitato di osservare riguardo altre Ophthalmotilapia, anche le "Mpimbwe'' denotano una accentuata aggressività interspecifica, soprattutto i due maschi danno luogo a continui combattimenti. La risoluzione di questo problema è da ricercarsi proprio nell'arredamento, nel senso che per definire un territorio si servono di vari punti di riferimento visivi. Nell'allestire la vasca è importante creare diversi ammassi rocciosi distaccati, in modo da consentire ai maschi di disporre dei punti di riferimento sopra citati. L'arredamento della vasca che ospita le mie "Mpimbwe", inizialmente era costituito da un unico ammasso roccioso posto sulla parete posteriore. In questa situazione uno dei due maschi era costantemente dominato e quindi relegato in un angolo dal maschio più grande, che si era appropriato di tutta la vasca. Bastò spostare qualche roccia che nel giro di pochi giorni il maschio più piccolo si impossessò di una zona che detiene tuttora. In natura l'alimentazione è costituita essenzialmente da plancton e da particelle vegetali. In acquario una volta acclimatate accettano diversi tipi di cibo (Artemia salina, Mysis, mangimi liofilizzati, ecc.). Una buona soluzione è di fornire loro un cibo vario contenente sia parti animali che vegetali. Personalmente fabbrico in casa un mangime contenente i seguenti ingredienti: 250 gr di gamberi, 250 gr di pesce magro (merluzzo), 250 gr di cozze, 250 gr di spinaci e un flacone di vitamina Bi2. Tutti questi ingredienti vengono tritati e ridotti in poltiglia per mezzo di un frullatore. Dopodich é non rimane che impastare il tutto e congelarlo sotto forma di placchette.

Oltre che economico, il vantaggio di questo mangime è che viene ingerito sia dai pesci adulti che dai piccoli. Inoltre, essendo costituito da particelle piccolissime, viene assimilato poco alla volta, evitando così le letali occlusioni intestinali a cui la Ophthalmotilapia sono soggette. I problemi più grandi comunque sorgono quando ci troviamo di fronte a soggetti selvatici. Questi a volte rifiutano ogni genere di cibo surgelato o liofilizzato. Il problema è risolvibile soltanto somministrando loro del cibo vivo come il plancton che però rappresenta un pericolo perch é può introdurre degli agenti patogeni. Come ho già detto all'inizio di questo articolo, la caratteristica principale delle Ophthalmotilapia riguarda la lunghezza delle pinne ventrali che terminano con delle palette gialle. L'utilità di queste palette è stata discussa da diversi Autori. Secondo P. Brichard, non vengono scambiate per un'esca dalle femmine. Al contrario Ad Konings garantisce che le femmine sono attratte da queste palette quando devono fecondare le uova prese in bocca precedentemente. Tornando alle mie O. Mpimbwe (2 maschi e 3 femmine), dopo un breve periodo di acclimatamento hanno iniziato a colorarsi, è importante sottolineare che al momento dell'acquisto non presentavano nessun colore. Come molte altre specie di Ciclidi infatti, in condizioni di stress non sono assolutamente dei pesci appariscenti. Quando, un giorno, vidi un che maschio per la prima volta scavava nella sabbia per costruire il nido, la situazione cambiò completamente. La sua colorazione diventò molto intensa e pareva crescere con il nido che, una volta ultimato, aveva un diametro di almeno 30 cm .

La costruzione del nido avviene per mezzo di un continuo scavare con la bocca. Non ritenendo sufficiente la quantità di sabbia a sua disposizione, iniziò a saccheggiare anche il territorio dell'altro maschio il quale, dopo aver tentato di difendere il suo possedimento, sbiadì completamente dichiarandosi perdente. Da questo momento, il maschio più grande iniziò a corteggiare le femmine; nel fare questo chiudeva tutte le pinne e ondeggiando il corpo come un serpente, si portava in prossimità del nido. Ripeteva questa operazione decine e decine di volte, fino a che una femmina si posava con l'addome sul fondo ed espelleva un uovo alla volta. Nel frattempo il maschio ondeggiava sopra di lei e ogni tanto planava sul nido con tutte le pinne spiegate. Così liberava lo sperma e fecondava le uova che nel frattempo erano state prese in tocca dalla femmina. Ho notato che più volte la femmina tentava di afferrare le palette gialle del maschio. Per questo motivo credo che giochino un ruolo fondamentale durante la riproduzione, paragonabile agli ocelli che altri Ciclidi possiedono sulla pinna anale. Di tanto in tanto, la femmina si allontanava per l'esagerata irruenza del suo compagno, che approfittava di queste pause per rimettere a posto il nido. Finito l'accoppiamento, la femmina teneva in bocca più di 20 uova giallastre con un diametro di circa 3 mm . Dopo 22 giorni i piccoli vennero lasciati liberi per la prima volta e formarono subito un piccolo branco che per i primi tempi stazionò nei pressi della superficie dell'acqua, è importante sottolineare come il numero e la grandezza delle uova siano proporzionali alla taglia della femmina. Tornando ai piccoli, iniziarono subito a nutrirsi e la loro crescita fu così rapida che dai 12- 13 mm iniziali, due mesi più tardi misuravano già 4 cm . Durante l'incubazione, la femmina rimase quasi sempre nascosta tra le rocce e ricominciò ad alimentarsi dopo circa 10 giorni dalla riproduzione. Questo significa che i piccoli, riassorbito il sacco vitellino, iniziano a nutrirsi all'interno della cavità orale materna. Nel giro di una settimana, anche le altre femmine si accoppiarono e originarono così altri avannotti che dopo 12-14 mesi raggiunsero la maturità sessuale.

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