Testo di Flavio Gagliardi e Stefano Speranza

L’interesse verso i ciclidi da parte degli acquariofili è spesso alimentato dalla bellezza dei colori, delle forme e dal complesso comportamento che questi pesci mostrano. Non si dedica molta attenzione al fatto che nell’ambito di questa famiglia di Perciformi abbiamo veramente l’imbarazzo della scelta quando dobbiamo cercare dei nuovi inquilini per le nostre vasche. Sotto il profilo scientifico è invece proprio questo l’aspetto più degno di attenzione, basti pensare che delle 25000 specie di pesci classificate dagli zoologi sistematici circa 1000 (forse molte di più!) appartengono alla famiglia dei ciclidi. Già in altre occasioni (Salvagiani, 1994; Bolline, 1995; Warzel, 1996) abbiamo avuto modo di puntualizzare in merito al grande numero di specie che i ciclidi annoverano e tra questi c’è un genere che da tempo appassiona molti e che purtroppo è poco presente sul mercato acquariofilo italiano: i Tropheus.


I limuli, invertebrati vicino agli scorpioni
hanno mantenuto inalterata la morfologia
esterna per milioni di anni. foto L. Vignoli

Tropheus sp. Chimba foto C. Barberis


Si tratta di un genere di pesci endemici del lago Tanganyika, il più antico dei laghi africani della rift valley, che annovera solo sei specie, ma all’interno di queste è presente un numero incredibile di varianti geografiche. Osservando con estrema attenzione tali “razze” si apprezza immediatamente come queste siano morfologicamente quasi indistinguibili tra loro. Ad ulteriore riprova di ciò, pensate di scattare delle fotografie in bianco e nero a tutte le varianti geografiche di Tropheus che conoscete e poi cercate di distinguerle! Indubbiamente il compito sarebbe assai difficoltoso, se non impossibile. Se invece osserviamo delle immagini a colori le possibilità di discriminare le varie "razze" aumentano sensibilmente. Se a tale analisi morfologica, affianchiamo quella basata sullo studio del codice genetico (DNA), la distinzione diviene più netta. Quindi le differenti tecniche tassonomiche (anatomia esterna, morfologia esterna, analisi del DNA, analisi delle proteine etc.), di cui abbiamo già avuto modo di trattare sulle pagine del nostro bollettino (Cruscanti e Gagliardi, 1997), offrono in alcuni casi dei risultati differenti.
A cosa è dovuta tale difformità? Non si tratta di una domanda cui si possa rispondere facilmente, ma possiamo certamente affermare che la risposta è nascosta nei complessissimi meccanismi che da sempre regolano l’evoluzione delle specie.
In alcuni casi, come quello dei Tropheus appunto, la speciazione (processo evolutivo che indica la formazione di nuove specie da un progenitore comune) e la differenziazione morfologica si comportano come due processi indipendenti, che possono procedere a ritmi differenti. In natura un esempio eclatante è quello rappresentato da quegli animali o piante definiti “fossili viventi”, in altre parole organismi che non hanno assolutamente modificato la loro morfologia esterna rispetto a quella dei loro antenati lontani milioni di anni, ma che possiedono un codice genetico che testimonia tutto questo tempo trascorso. Un classico esempio in questo senso è rappresentato dai limuli (Xifosura polyphemus), degli invertebrati vicini ai comuni scorpioni la cui forma è rimasta inalterata per milioni d’anni, ma che esibiscono livelli normali d’evoluzione molecolare (Selander et al., 1970). Il caso contrario si osserva invece nelle specie di ciclidi del lago Malawi, che si sono originate in seguito a rapidi processi di radiazione adattativa mantenendo un alto grado di similitudine del proprio patrimonio genetico, ma differenziandosi morfologicamente in modo molto netto.
Torniamo ai Tropheus. All’interno delle sei specie descritte si distinguono per il colore oltre 50 differenti “razze”, alcune delle quali condividono i medesimi areali di distribuzione geografica (condizione definita di simpatria). I Tropheus sono strettamente confinati in habitat rocciosi per nutrizione e riproduzione ed hanno capacita limitate di dispersione in acque aperte, caratteristica questa già documentata per gli m'buna del lago Malawi. Negli ultimi anni molti ricercatori si sono cimentati nello studio del codice genetico dei ciclidi ed in particolare dei Tropheus. In dettaglio, nel 1992 il dottor Sturmbauer ed il dottor Meyer hanno reso pubblici i frutti del loro studio sul DNA di 54 individui appartenenti a 21 popolazioni di tutte e sei le specie di Tropheus per investigare la distribuzione delle variazioni genetiche all’interno e fra le singole popolazioni. Il frutto di tali studi è stato poi confrontato con gli studi di tassonomia, l’analisi della colorazione e la distribuzione geografica (FIG 1).
Ciò che è emerso principalmente è che l’entità della divergenza genetica tra i Tropheus è assolutamente maggiore di quella riscontrata da altri autori per i ciclidi del lago Malawi e Vittoria (fig3). Il genere Tropheus mostra il doppio delle variazioni genetiche delle circa 500 differenti specie del lago Malawi e 6 volte la variazione genetica fatta registrare dalle specie del lago Vittoria (Sturmbauer and Meyer, 1992).
Geneticamente il Tropheus Duboisi è la specie più divergente del genere, ma morfologicamente differisce solo per una bocca più stretta e per la differente dentizione. Dopo questa prima divisione della linea del Tropheus si sono succedute due rapide radiazioni. Nella prima (fig4 a/b) tutte le rive rocciose del lago sono state colonizzate e hanno avuto origine 6 linee con simile divergenza genetica (FIG 4b). Ciascuna di queste linee è andata incontro ad una radiazione secondaria (FIG 4b). Queste radiazioni secondarie potrebbero essere state determinate da una grande fluttuazione del livello del lago (Sturmbauer and Meyer, 1992). Le divergenze genetiche simili tra i membri di ciascuna di queste radiazioni suggeriscono infatti che esse possano risalire allo stesso periodo. Dati geologici sottolineano come circa 200mila-75mila anni fa il livello del lago Tanganika si fosse abbassato di circa 600 metri rispetto al livello odierno, probabilmente dividendo per alcune decine di migliaia d’anni il lago in 3 sub laghi (fig.1). Questo evento deve aver avuto un drammatico effetto sulla distribuzione biogeografia di parecchie specie. Alcune specie potrebbero essere scomparse, mentre altre residenti in zone rocciose profonde e ripide probabilmente sopravvissero alla riduzione del livello del lago. La distribuzione di popolazioni affini geneticamente su entrambi i lati del lago fig.1 suggerisce che le colonizzazioni non siano avvenute lungo la stessa sponda del lago, ma che questi pesci sembrano averlo attraversato da una parte all’altra (Sturmbauer and Meyer, 1992). In accordo a questa ipotesi è credibile che le coste del nord e del sud dei sublaghi nel periodo di basso livello possano aver permesso l’attraversamento del lago.
I dati DNA mostrano che popolazioni geneticamente affini posso differire molto in colorazione. Per esempio le due specie simpatriche geneticamente affini Albulu sono colorate in maniera notevolmente differente. Osservazioni comportamentali condotte su questi pesci hanno dimostrato l’importanza della colorazione durante le interazioni tra conspecifici. Caratteristiche sessuali e sociali possono subire una più rapida divergenza rispetto ad altre. Il Tropheus potrebbe essere un modello di come rapidamente le differenze in caratteri sessuali come la colorazione, possano presentarsi come barriere riproduttive, contribuendo così ad incrementare il fenomeno della speciazione. Se tali ipotesi si rivelassero credibili, possiamo affermare che lo studio dei ciclidi abbia contribuito in modo fondamentale alla conoscenza di alcuni dei meccanismi che regolano l'evoluzione.

Bibliografia:
Bolline J., 1995. Pelvicachromis teniatus. Boll. Ass. Ital. Ciclid., II, n°3, p. 27-31.
Cruscanti M. e F. Gagliardi, 1997. Tassonomia per tutti. Boll. Ass. Ital. Ciclid., IV, n°1, p.18-23.
Salvagiani P., 1994. Ma che cosa sono i ciclidi?. Boll. Ass. Ital. Ciclid., I, n°1, p. 9-11.
Selander R., Yang S., Lewontin R. and Jhonson W., 1970. Evolution, 24, p. 402-414.
Sturmbauer C. and A. Meyer, 1992. Genetic divergence, speciation and morphological stasis in a lineage of African cichlid fishes. Nature, vol. 358, 13 august, p. 578-581.
Warzel F., 1996. Il genere Crenicichla. Boll. Ass. Ital. Ciclid., III, numero speciale I, p. 4-24.

 

 

 

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