testo di Marco Ceradini

Fino a poco tempo fa il genere Cyatbopharynx comprendeva unicamente la specie furcifer anche se appariva evidente che fra le numerose varianti di colorazione ve n'era una con caratteristiche cromatiche e comportamentali un po' più definite che occupava un'area molto vasta e spesso coabitava con una delle altre varianti, anche se per lo più tendeva a preferire fondali più sabbiosi rispetto alle altre, che si ritrovavano nell'habitat

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intermedio (rocce e sabbia).
Si cominciò così a distinguere fra "furcifer orange head" e "dark furcifer". L'anno scorso Ad Konings ha proposto la suddivisione del genere in due specie: all'"orange head" ha lasciato il nome furcifer e al "dark furcifer" ha assegnato il nome "foaf, in onore a Mr. Foa.
C. furcifer vive lungo le coste dello Zambia e della sponda sud-est della Tanzania, ha una colorazione chiara con dominante azzurra e, come sottolineava il vecchio nome, la testa gialla-arancio. C. foai, invece, si può trovare in tutto il lago appare molto più scuro del precedente, soprattutto per quel che riguarda la colorazione delle pinne e del dorso, mentre i fianchi sono di colore variabile fra l'azzurro, il verde, il grigio argento fino al color oro o rame, a seconda delle località di provenienza.
Il mio interesse per i "Cyatho" risale a cinque anni fa quando per la prima volta mi recai fuori Verona alla ricerca di ciclidi, la mia meta era casa Salvagiani a Forlì. In quell'occasione ero andato per dei piccoli di Cyphotilapia frontosa "Blu Mpimbwe", però ebbi la fortuna che, nella stessa vasca ci fossero tre coppie di splendidi pesci con una colorazione iridescente cangiante azzurro-verde a seconda dell'angolo di incidenza della luce: si trattava di Cyathopharynx foai "Rutunga" (Burundi). Non mento affermando che fu un vero colpo di fulmine!!!
Gli inizi con questa specie non furono dei migliori: i giovani che riuscivo a procurarmi non avevano lunga vita visto che non duravano più di 2-3 mesi anche se non potevo rimproverarmi nulla per quel che riguarda il loro allevamento, avevano sempre vasche specifiche con i dovuti cambi d'acqua, erano alimentati regolarmente.. .Forse la sfortuna aveva trovato casa nelle vasche dei miei "Cyatho", ma non mi detti per vinto e nel maggio del 1997 riuscii a procurarmi due coppie di riproduzione (di circa 9 cm) della varietà "Kigoma". Erano molto attivi e la loro crescita vistosa, però di colori per un pez¬zo non se ne parlò.
Il Cyathopharynx non è certamente un pesce che mostri facilmente la sua piena colorazione in acquario, di solito quando misura circa 10 -12 cm, cioè ad un anno di età, comincia ad apparire i primi segnali, ma spesso si colora in modo parziale anche durante l'accoppiamento, soprattutto quando non ci sono altri maschi nella stessa vasca, però quando si riesce a vederlo nella sua completa livrea riproduttiva ripaga di tutto il tempo durante il quale lo abbiamo visto con l'aspetto di una grigia sardina.
Dopo vari mesi ebbi la fortuna di riprodurli, di poter ammirare i loro colori (anche se lontani dalle foto fatte in natura che avevo visto sui libri) e tuttora ho un trio di giovani di questa varietà lunghi circa 13 centimetri.
Due anni fa ho avuto l'occasione di acquistare due coppie di circa 12 cm della varietà "Mbete" (nome che a volte si trova anche scritto Mbity, comunque si tratta di una piccola isola in Zambia quasi di fronte a Mpulungu), sempre di riproduzione, sottolineo questo dato perché gli esemplari selvatici non sono, a mio avviso, da acquistare in quanto patiscono moltissimo lo stress da cattura il che comporta immediatamente la totale perdita dei colori che molto raramente vengono ripresentati, e poi non si può conoscere la loro età perciò si può incappare in soggetti vecchi.
I maschi di Cyathopharynx foai "Mbete" hanno sui fianchi una colorazione dominante verde o verde azzurro metallico e la particolarità della guancia gialla (che per altro nel mio soggetto non è particolarmente pronunciata), le femmine invece sono di colore grigio-bruno. I vecchi maschi raggiungono i 18-20 cm di lunghezza massima, ma normalmente misurano sui 15 cm mentre le femmine circa 13 cm, nonostante le dimensioni notevoli sono pesci molto timidi, perciò non possono coesistere in acquario con specie aggressive o troppo vivaci come Tropheus, Ophthalmotilapia, grossi Neolamprologus, ecc...
In natura i maschi di Cyathopharynx costruiscono dei veri e propri crateri di sabbia di dimensioni notevoli sia in altezza sia in larghezza con diametro di circa 40-60 cm., questa caratteristica abitudine è parzialmente persa in acquario, infatti, di solito si limitano a fare degli avvallamenti con i bordi un po' sopraelevati. Fino a poco tempo fa i miei "Cyatho" si sono sempre comportati in quest'ultima maniera, ma attualmente il maschio più grosso di Mbete asportando sabbia dappertutto si è costruito un nido con diametro di 50cm e un'altezza di ben 15-16 cm.
Tutto il giorno, non fa altro che prelevare freneticamente sabbia ovunque, tanto che in certi punti ora si vede il vetro di fondo dell'acquario, bisogna considerare che l'avevo distribuita uniformemente in tutta la vasca con uno spessore di 5-6 cm.
E' sicuramente una sfida avere dei Cyathopharynx perché se non in acquari abbastanza grandi (sopra i 500 litri) non si possono tenere due maschi contemporaneamente, così viene a mancare la competizione territoriale che è lo stimolo migliore affinchè possano esprimere la brillante livrea.
Ho potuto fare delle osservazioni in due diverse vasche, dapprima .in una da 350 litri ho tenuto due coppie della varietà "Kigoma" (a cui ho accennato precedentemente), un maschio dominava a luci spente, l'altro quando erano accese, ma essendo uno dei due, a turno, sempre
sottomesso, i loro colori non erano mai stati così sgargianti come speravo. L'estate scorsa (grazie ad Enzo Marino ed Enrico), ho avuto la fortuna di poter acquistare una vasca di 1200 litri, così ho inserito un trio della varietà "Kigoma" e due coppie di "Mbete", fin da subito i risultati sono stati migliori sia per la colorazione sia per il comportamento, perché ora i tre maschi possono spadroneggiare nel proprio territorio, infatti, si suddivisi l'acquario in tre parti, uno ha occupato la zona anteriore sinistra, l'altro la parte opposta e il terzo quella centrale sul retro. Anche quando uno tenta di invadere la zona dell'altro non li ho mai visti affrontarsi bocca a bocca come sono soliti fare le Ophthalmotilapia o i Tropheus, ma si limitano a dispiegare le pinne accentuando i colori e a stare fermi per qualche istante sul bordo del nido fino a che l'intruso non indietreggia, a quel punto il vincitore gli sferra un attacco facendolo fuggire, ma senza procurargli alcun danno fisico.
Ho voluto tenere le due varietà assieme per vedere se nell'accoppiamento le femmine vanno solo dal maschio della loro varietà o se non hanno delle preferenze ben precise (perciò con il rischio di ibridazioni), posso affermare dopo giorni di osservazioni e le varie riproduzioni che le due femmine di "Kigoma" non fanno distinzioni, tutte e due si sono accoppiate con entrambi i maschi (così con gran dispiacere ho dovuto lasciar perdere la nidiata), mentre le "Mbete" accettano le avances solo del loro maschio, bisogna però considerare che uno dei due maschi di "Mbete" ha comunque una certa
prevalenza sugli altri tanto che il suo territorio è più vasto e il suo nido molto più grande (e quindi probabilmente più invitante agli occhi delle femmine) rispetto a quello degli altri due, per cui questo dato non ha alcun valore scientifico, ma lo riporto solo a titolo di curiosità.
La dieta dei miei "Cyatho" consiste in artemie (ma non esagerare se si vogliono evitare pericoli di occlusioni intestinali), Krill e spinaci congelati, alternati a cibo secco in scaglie, stick e granulare tutti a base di spirulina.
Per me questi ciclidi sono, in assoluto, tra i più affascinanti poiché hanno una notevole vivacità nel periodo riproduttvo, senza però eccessiva aggressività, e nello stesso tempo dei movimenti aggraziati che danno loro grande eleganza.
Un consiglio che vi posso dare è di andare a rileggere l'articolo " Cyathopharynx furcifer Burundi" di Paolo Salvagiani pubblicato sul bollettino AIC n 3 -1996, ci sono delle indicazioni molto interessanti per l'allevamento di questi bellissimi pesci e dalle quali io ho preso spunto con successo. Sempre in quell'articolo è interessante anche la bibliografia. Per ultimo, ricordo che Ad Konings nel suo ultimo libro, "Tanganyika cichlids in their natural habitat", dedica due pagine di sole foto (eccezionali) ai nostri beniamini!!!
Un'ultima annotazione e poi chiudo: un ringraziamento a Paolo, per avermi fatto conoscere questo magnifico ciclide e ad Enzo, Enrico e Leonardo Plinto Denti per l'aiuto che mi hanno dato.
La nostra associazione mi sta, e ci sta, dando grandi occasioni: forza
A.I.C. !!!